sabato 25 novembre 2023

Alla radice della possessività

Si parla in questi giorni un gran tanto di cause che starebbero all'origine di legami uomo donna caratterizzati da preteso possesso e dominio dell'uomo sulla donna, fino all'estremo della violenza e della soppressione della vita di lei. Ogni storia di relazione è singolare, come è singolare la vicenda personale di ognuno, ma si insiste,  probabilmente per fornire a se stessi la persuasione di disporre di ampia capacità di critica e di comprensione, in non pochi casi per affermare buoni principi che consentano di  apparire, in contrapposizione ad altri, come virtuosi e senza macchia, nel parlare di incidenza del fattore mentalità, del peso, ritenuto rilevante e decisivo, di condizionamenti culturali e di modelli di tipo patriarcale ad esempio, che indurrebbero nel maschio senso di superiorità e di maggior diritto e che inchioderebbero la donna al ruolo subalterno. Ancora, si parla di necessità di educazione ai sentimenti che non siano di possessività, di pretesa superiorità e di dominio, che portino a una visione diversa dell'altro, per fondare una diversa mentalità e costume. Insomma pare che tutto nei modi di vivere i rapporti possa cambiare combattendo cattivi principi, diffondendo invece e educando a idee, a modelli, a principi di valore capaci di sradicare quella pretesa maschile di dominare e di disporre della vita altrui, di pensare la donna come subalterna o inferiore o destinata quasi per vocazione naturale a soddisfare, a sottostare a pretese di controllo, di dominio, persino di appartenenza. Si vorrebbero educare in primo luogo i ragazzi, i giovani a sentimenti di altra natura all'insegna del rispetto, dell'attenzione, del considerare l'altro, particolarmente l'altra, non come oggetto d'uso e che assecondi le proprie attese e pretese, ma come valore di individuo da conoscere e riconoscere come degno di attenzione, di considerazione, di rispetto, di stima, la cui libertà va riconosciuta come valore invalicabile. Tutto giusto e lodevole nelle intenzioni, ma le radici della possessività non sono legate solo a condizionamenti culturali, a cattivi modelli e principi o a scarsa educazione sentimentale e alla relazione, che affermi e dia risalto all'idea che il rapporto umanamente valido e giusto è quello aperto e rispettoso e non quello di presa e di preteso possesso sull'altra, idea e principio alla base della possibile degenerazione dell'esercizio della sopraffazione, dell'abuso, della violenza. Quando l'individuo non è veramente completo e capace di autonomia, non quella delle apparenze e dell'apparire, della capacità di fare, che illudono che l'autonomia sia garantita, ma quella vera di chi ha saputo sviluppare la capacità di ascoltarsi e di non fuggire da se stesso, dal proprio sentire, anche quando difficile, la capacità di trovare vicinanza con se stesso e comprensione intima dei significati veri dentro la propria esperienza, cercando senza veli e senza sconti la verità di se stesso, arrivando così a vedere con i propri occhi e in unità con se stesso, senza andar dietro a suggerimenti e a guide esterne, senza sostegno di convalide e apprezzamenti esterni, ciò che vale e che dà gioia e pienezza, passione e forza di persuasione, ebbene in queste condizioni di mancata autonomia e completezza di crescita personale, che richiede impegno e esercizio di responsabilità propria per essere conquistata, a colmare il vuoto di crescita, di sviluppo, cui non si è provveduto e cui non si intende provvedere, chiedendo a se stessi e non aspettandosi da altro,  la tendenza, tutt'altro che rara, è di cercare in altro, attraverso altri ciò che interiormente manca e che non è stato coltivato e fatto vivere. La presa va su un sostituto verosimilmente analogo, che sembra fatto apposta, in realtà un succedaneo rispetto a ciò che potrebbe formarsi di proprio, che comunque pare capace o destinato a garantire quel bene vitale mancante, capace di dare riempimento e soddisfacimento, di garantire un completamento. L’effetto, che passa ai propri occhi volentieri inosservato, è di bloccare in questo modo qualsiasi processo di ricerca e di crescita personale, che giustamente e per natura sarebbe affidato a sè e di cui peraltro la parte profonda del proprio essere è anima, è fautrice e matrice essenziale (tant’è che spesso con i segnali di malessere, che produce interiormente, fa sentire l’insostenibilità di un modo di essere e di procedere così parziale e mal fondato), che richiede conquiste di consapevolezza, scoperte, verifiche e cambiamenti interni impegnativi e necessari. Il legame dipendente a pronto uso apre una scorciatoia, sostituisce il vero processo di crescita che richiede lavoro su di sè, impegno e tempo. Tende a un simile legame dipendente il maschio, spesso mancante di accesso all'intimo, di creazione di intimità con se stesso, di capacità di ascolto e di comprensione intima di se stesso, di calore di vicinanza, di scambio e di condivisione con la propria interiorità, che vede nella donna l'occasione per portare a sè, per includere nella propria vita e in modo stretto e vincolante ciò che gli manca per essere individuo vero, individuo intero e completo, autonomo, indipendente. La dipendenza, la presa su altro che dia il sostituto di ciò di cui si manca e della cui ricerca e crescita non si riserva a sè il compito, non è, come dicevo, modalità così rara e i rapporti interpersonali sono spesso di interdipendenza. I due reciprocamente mettono per così dire le mani l'uno sull'altro per portare a sè ciò che desistono dal riservare a sè come ricerca e costruzione vera e ben fondata, come esigenza di sviluppo umano, come scoperta e conquista da coltivare e far crescere dentro se stessi e in modo autonomo. Lo stesso rapporto dell'individuo con l'insieme, con la cosiddetta realtà che sta attorno è spesso di natura dipendente dove si concede a modalità consolidate, a soluzioni e percorsi  già ben definiti e organizzati, a pensiero e a esempio comune di essere guida e veicolo per istruire il proprio pensiero, per indirizzare la propria vita, per deciderne i modi, le tappe, i traguardi, gli sviluppi, tutto in vece, in sostituzione della ricerca di formazione di una propria capacità di guida autonoma, di vero autogoverno. Nel rapporto di coppia il legame interdipendente trova grande opportunità di compiersi, di svolgere la funzione di dare pseudo completamento ai due, non lavorando ognuno su di sè, ma prendendo dall'altro. Allora i vuoti, le lacune di crescita, le pseudo conquiste, di facciata e in realtà inconsistenti, hanno modo di trovare una sorta di riempimento e di assestamento, il mutuo soccorso e la comune ideologia dell'unione e dell'amore (quale amore è possibile nella dipendenza?)  fa sì che la coppia trovi e garantisca ai due una promessa di idilliaco compenso e assestamento. La visione che propongo e che cerca il vero oltre la superficie e il recinto della retorica dei sentimenti, ovviamente non coincide con la lettura convenzionale che esalta il sentimento, l'innamoramento o altro come spiegazione di ciò che i due mettono assieme e cui danno compimento nella loro storia e nel legame che vanno a instaurare. Ciò che accade e non di rado è che l'uomo che, come già dicevo, è in non pochi casi spiazzato e lontano rispetto all'intimo della propria esistenza, a ciò che vive dentro se stesso, povero di familiarità e di capacità di rapporto col suo sentire, di dialogo intimo e caldo, di conoscenza vera di sè non rattoppata e costruita razionalmente e in astratto, abituato a gestire e a dare prova di prestanza nel ragionare, a cercare la prova del proprio valore nell'operare e risolvere su piano concreto e del fare, del primeggiare come prestanza di testa e di capacità di successo concreto, porti in sè disattesa una necessità fondamentale, una mancanza non di poco conto, dentro una condizione complessiva che, fatte salve le illusioni, non è certo di individuo autentico e completo. Non è insolito che, dove non riconosca la necessità di una profonda revisione del proprio stato, di un lavoro su se stesso per colmare quei vuoti, cosa non frequente, la spinta dell'uomo sia di percorrere la scorciatoia di cercare la fonte di calore, di gioia, di un che di amorevole che lo sorregga, che gli dia conferma e rassicurazione in una forma più intima, che gli dia vicinanza,  nella donna, che pare potergli rappresentare e dare simili risorse cui attingere, da portare a sè. Dall'altra parte la donna, che parrebbe più vicina alla dimensione intima del sentire e degli affetti, ma che non è affatto detto che con questi abbia un rapporto sincero e rispettoso e non strumentale, lei stessa spesso in fuga dal suo sentire vero, soprattutto se difficile e sofferto e lontana dall’aver sviluppato capacità di ascolto e di dialogo con la sua interiorità, ha dalla sua la difficoltà di trovare risposte alla necessità di prendere in mano fino in fondo la propria vita, di trovare, di generare e di riconoscere da sè il proprio valore, di tenere ben salda nelle proprie mani la guida della propria vita senza appoggi, rassicurazioni o garanzie prese da altri come da un uomo, che, dove le offra valorizzazione come oggetto di desiderio, di predilezione, di investimento di interesse e di ricerca di legame, parrebbe offrirle un grosso alimento alla propria autostima, oltre che la garanzia di dare più salda e garantita realizzazione o sistemazione alla propria vita, perlomeno secondo i canoni e i modelli di realizzazione più diffusi e vigenti. Il rapporto uomo donna, che oggi è oggetto di tanto dibattito, si forma, prende avvio spesso all'insegna della disattenzione a conoscersi veramente e in profondità e dell'equivoco reciprocamente messi in campo, perchè la istanza e la modalità dipendente, non riconosciute come tali, ben camuffate e equivocate dalla lettura retorica dei sentimenti, lavorano proprio per rendere possibile quell'unione di reciproco interesse a stabilizzare e a completare seppur in modo surrettizio, oltre che fragile e posticcio, la propria vita. Le sorprese sono di conseguenza dietro l'angolo e chi nella fase del cosiddetto innamoramento appariva questo l'indomani si rivela essere quello, sempre più simile a un individuo che di sentimento vero non ne ha proprio per nulla, ma che pretende solo attaccamento e esercita presa dipendente con tutti i risvolti anche degeneri del caso. Preso e portato a sè come bene essenziale dall'altra persona ciò che non è stato sviluppato dentro di sè, ecco che l'altra diventa come proprietà da cui non ci si può, ma soprattutto non ci si vuole separare, che, in quel vissuto di appartenenza a sè, non ha diritto di vita e di espressione propria, di andarsene se lo crede. Prendere da fuori ciò che non ci si è dati da sè, come invece sarebbe naturale, necessario e valido impegnarsi a fare, prendere da un altro essere e caricarlo della funzione e della capacità di offrire ciò di cui si ha vitale necessità, fa sì che chi ha supplito alla mancanza diventi, sia vissuto come parte di sè essenziale, in assenza della quale si profila la disperazione di perdere qualcosa di vitale, che si accompagna all'accendersi fino all'esplosione di un sentimento di rivolta e di rancore nel vedersi privare, come per un torto inflitto inaccettabile, di qualcosa che si considera dovuto a sè, che non si accetta che si stacchi, che vada via e che viva casomai legandosi a altri. Crescere in autonomia è crescere in completezza umana, che richiede lavorare su di sè, costruire ciò che nessun altro può e è legittimo che debba offrire, un sostituto, un succedaneo, una risposta che non è ciò che spetta a sè coltivare e generare perchè abbia forma viva, vera, originale. Solo individui interi, che si sono assunti la responsabilità di fondare su di sè e di costruire la loro completezza umana, compito, desiderio e aspirazione non delegabili a niente e a nessuno, possono tra loro dare vita a rapporti che siano trasparenti, rispettosi e fecondi, dove il riconoscimento della dignità e della  libertà dei due non è un principio o un dovere astratto da osservare per legge esterna, un valore semplicemente assimilabile e inducibile con l'educazione o il cambiamento culturale, come oggi non pochi vogliono far credere, ma un convincimento interno maturo, frutto genuino di un approfondito lavoro su se stessi, un che di fortemente sentito, un credo e una passione sinceri e profondamente fondati.

sabato 18 novembre 2023

Quando la psicologia è incapace di comprendere la centralità del profondo

Una psicologia che ignora il peso e il valore del profondo, dell'inconscio, che riconduce e riconsegna tutto alle capacità  della parte conscia e alle sue magnifiche sorti, che ne ribadisce l'egemonia, che vuole il resto dell'essere sottostante alla sua guida, manca della conoscenza e della dovuta considerazione di ciò che è essenziale e irrinunciabile per capire il significato degli svolgimenti della vita interiore. Non è una mancanza di poco conto. Una psicologia che implicitamente riconosce e ribadisce solo la concezione abituale dell'uomo, l'idea dell'individuo sostanzialmente monco, senza necessità vitale di recuperare un legame forte e una relazione il più possibile aperta e autenticamente dialogica con la sua parte intima e profonda, che semmai, anziché proporsi di ascoltarla e di intenderla in ciò che vuole dire, si arroga di spiegarla, di variamente interpretarla con argomenti logici razionali, perché continui, illusoriamente, a stare sotto il governo della parte conscia, che psicologia è, quale ricchezza di contributo può dare? Una psicologia, che prima di tutto vede l'individuo nella necessità di continuare a funzionare, facendo leva sulle capacità di guida della sua parte conscia, non sa, quando questi è messo in difficoltà dalla sua parte profonda, che, attraverso crisi e malessere interiore, vuole risvegliare in lui la capacità di riflessione, di ricerca del vero della propria condizione e del modo di condurre la propria vita, non sa che offrirgli la conferma della necessità di tenere a bada la vicenda interiore sofferta e critica. Gli fornisce a questo scopo e lo incoraggia nella ricerca di spiegazioni sul conto di ciò che di difficile sta vivendo interiormente, letto, arbitrariamente, come segnale di difettoso, di disturbato e comunque sfavorevole andamento. Allo scopo di individuare le presunte cause del presunto guasto e anomalo sviluppo, ecco la ricerca nel passato di traumi o di condizionamenti nocivi, con l'idea e l'intento di risanare il tutto, per tornare a spingere verso gli scopi predefiniti come normali o validi, mettendo al primo posto il beneficio del superamento della crisi, senza averne ascoltato e compreso le vere ragioni e le finalità, tutt'altro che insignificanti. Una psicologia che, ben il linea col pensato e con le aspettative comuni, concepisce e fa tutto questo, che grado di intelligenza della vita interiore rivela e che contributo alla conoscenza di se stesso e alla sua vera realizzazione e crescita è capace di offrire all'individuo? Una psicologia che cerca spazi di elaborazione e di iniziativa che non vanno al di là del recinto del cosiddetto senso di realtà, che altro non è che ciò che lo sguardo, già abituato a puntare e a vincolarsi al fuori, può vedere e intendere guardando in quella direzione esterna, rendendosi incapace di dare credito a ciò che potrebbe vedere e intendere rivolgendosi al  dentro se stesso, fuori che coincide con ciò che si ritiene abitualmente essere normale e possibile, utile e necessario, realtà unica e imprescindibile, che capacità ha di di favorire ricerca autonoma del vero e dell'autentico di se stessi? Una psicologia che ignora quale sia l'origine e il senso, lo scopo del malessere interiore, che lì dentro ignora e non riconosce l'azione propositiva del profondo e ciò che persegue, che non mette al primo posto la necessità di imparare a intenderla fedelmente, che capacità ha di favorire visione nuova, ben fondata su esperienza vissuta e originale, ben oltre i confini di quella visione di realtà generalmente concepita? Che capacità ha di favorire nell'individuo consapevolezza che non sia ripetizione degli schemi soliti pur in qualche modo resi più efficienti, fluidi e riadattati?  E' una psicologia che ignora il valore e la profonda necessità, per non rimanere monco di una parte essenziale di se stesso, di sviluppare da parte dell'individuo capacità di ascolto e di dialogo con la sua interiorità, scoprendo quanto gli sia essenziale e prezioso, cosa ne possa scaturire. E' una psicologia che ignora cosa nella crisi e nel malessere interiore di assolutamente necessario e favorevole, di veramente salutare, sotto la spinta e la guida del profondo, vuole formarsi e nascere. Può solo ribadire e dare più spazio, confortandola di nuove argomentazioni, all'iniziativa della parte conscia, al  suo monologo, parte conscia che presume di saper definire gli scopi e gli interessi fondamentali dell'individuo, di saper dire sul conto dell'interiorità, leggendo a priori tutto, quando ci sono segnali di crisi e di disagio, in termini di alterazione e di necessità di ricostituzione, pur con qualche aggiustamento o innovazione, di un ordine solito, ma non concepisce certo di ascoltarla e di raccoglierne e valorizzarne le proposte, di riconoscerne la funzione guida. E' una psicologia che non vede il nodo decisivo, che sottostà e che è reso sensibile dalla crisi, dal malessere interiore, di una scissione, di una mancata unità dell'individuo con una parte essenziale del suo essere, col suo profondo, senza il quale non ha possibilità di trovare proprie risposte consone a se stesso, di arrivare a conoscenza del vero di se stesso, di accedere a  una visione e a una scoperta di significati e di valori fondata su propria intima esperienza, su proprio sguardo e non in adesione a altro, non al seguito di ciò che la cosiddetta realtà dice e impartisce. Una psicologia di rincalzo, che soccorre la parte che, messa sotto pressione dal profondo per cominciare a prendere visione dello stato delle cose, spesso di un procedere gregario e al seguito di modelli e di guide esterne, per dotarla finalmente di capacità di visione e di pensiero autonomi e fondati, in realtà dà sostegno all'individuo nell'anomalia, questa sì è un'anomalia dell'umano, del suo essere scisso dall'intimo, del voler, col superamento della crisi, ripristinare questa condizione. L'esito, pur salutato come di positiva ripresa e presa di coscienza, è infatti di mantenere e anzi di rafforzare la lontananza dal suo intimo e l'incapacità dell'individuo di ascoltare e di  comprendere fedelmente quanto la sua interiorità nei vissuti, nel sentire e in tutto ciò che vive e prende forma nell'intimo sa e vuole dirgli, di rendere ancora più saldo lo squilibrio di posizione, che tiene al vertice la mente razionale, incapace e per nulla incline a riconoscere quanto sia necessaria e fondamentale la funzione del profondo, il solo in grado di restituire all'individuo la capacità di capirsi veramente. Solo l'inconscio è capace attraverso tutte le sollecitazione del sentire, anche nelle sue espressioni più difficili e sofferte, attraverso i sogni in modo ancora più efficace e nitido, bisogna ovviamente imparare a intenderne il linguaggio, di guidare l'individuo alla scoperta e all'esercizio del pensiero vivo e fondato, di uno sguardo riflessivo su se stesso, ben dentro la sua esperienza, le sue scelte e modi di procedere, di dotarlo così della capacità di conoscere e di conoscersi, che è il  fondamento della sua vera autonomia. Una psicologia che non intenda questo e che non abbia intento e capacità di promuovere nell'individuo la ricerca dell'avvicinamento alla sua interiorità, lo sviluppo della capacità di ascolto e di dialogo col suo profondo, essenziali per generare pensiero e capacità di orientamento autonomi, lo mantiene e lo riconsegna fatalmente, malgrado le illusioni d'aver capito con le interpretazioni e le spiegazioni del pensiero ragionato e di potersi muovere ora con più libertà e padronanza, alla dipendenza, alla modalità, rimasta nascosta e non resa riconoscibile ai suoi occhi, del farsi dire e istruire da altro, di assecondare ciò, che, già configurato e pronto nell'esempio e nel pensato comune e prevalente, continua a essere la sua guida, l'autorità di riferimento da cui farsi orientare, convalidare e dirigere. La parte conscia razionale, equivocando il significato e il valore delle proprie iniziative e produzioni,  ritenendole espressione di capacità di pensiero autonomo e originale, di fatto, senza la guida del profondo, che è il solo a sapergli dare le basi e tracce vive, a rimettergli sotto i piedi il terreno su cui conoscersi nel segno del vero, non può che continuare a prendere in prestito e a rimasticare idee, attribuzioni di significato prese da pensato comune, da ciò che è stato già concepito come valido, affidabile e sensato, non può che rimanere ingabbiato in una falsa idea di se stesso e in una visione distorta di ciò che vive interiormente. Senza il recupero della unità di tutto il proprio essere, senza il riconoscimento del significato della propria vita interiore e del suo valore fondamentale, della funzione e della capacità del proprio intimo e profondo di alimentare pensiero proprio e autentico, l'individuo non può che rimanere in uno stato di inconsapevolezza e di falsa coscienza, perciò di impotenza a recuperare a sé il significato e lo scopo della propria vita, di formare, di assaporarne il gusto e di far crescere la sua vera autonomia.