Il
rapporto con le emozioni, perchè sia fecondo, richiede apertura e
capacità di lasciarsi coinvolgere e prendere, concedendosi appieno,
nello spazio interiore, all'emozione, combinata a capacità di
prendere distanza da ciò che si sta sentendo, distanza
utile per vedere, riflessivamente, come guardandosi dentro uno
specchio, ciò che l'emozione sta mostrando e rivelando di se stessi.
E' la combinazione e l'alternanza ripetuta di questi movimenti,
dell'aderire/lasciarsi coinvolgere dall'emozione e del prendere distanza
per vedere, per ascoltare, per cogliere cosa nel proprio sentire
ha preso e sta prendendo forma, che consente rapporto creativo con le
proprie emozioni e con l'insieme del proprio sentire. La parte
sconosciuta di noi, la parte che ancora ci è ignota, che si esprime
nelle emozioni, che genera i sogni, cioè l'inconscio, non ha importanza
marginale nella costruzione della conoscenza di noi
stessi. Anzi, mi sento di dire che tutto della scoperta e della
conoscenza possibile di noi stessi viene da lì, dal sentire,
da ciò che si dà a noi imprevedibilmente, ma non insensatamente,
nell'emozione, nel vissuto, nel complesso accadere degli eventi
interiori, oltre che, in modo formidabilmente acuto ed efficace, nei
sogni. Non sono l'inventiva o l'attivismo
isolati del ragionamento, è il corso interiore imprevedibile, è la parte
di noi ignota e pure così viva e insistentemente presente nella
nostra vita, è l'inconscio a poter dirigere e rigenerare la
conoscenza di noi stessi. Diventa necessario, essenziale corrispondergli
capacità di ascolto e di pensiero riflessivo, volte ad assecondare, a
raccogliere, a far nostro ciò che l'inconscio sa indirizzare, proporre,
dire. L'inconscio non si può pilotare, è
autonomo nelle sue espressioni, nelle sue scelte. Per fortuna! Non
sottosta alle attese e alle previsioni, non è tutt'uno con ciò che
amiamo pensare di noi e che vorremmo confermare, far persistere.
Autonomo da tutto questo, l'inconscio ci dà ciò che ci serve per
farci confrontare apertamente con noi stessi, per capirci, per farci
crescere. L'inconscio è la parte di noi che guarda all'interno e in
profondità
la nostra esperienza, che ci offre i mezzi per conoscerci, per
riconoscere ciò che sta accadendo.
L'inconscio, attraverso il sentire, attraverso il susseguirsi,
mai casuale, di stati d'animo e di emozioni, ci permette di
uscire dalla posizione di estraneazione da noi stessi, di lontananza e
di deriva
rispetto al nostro corso interno. Prigionieri di una visione che
coglie solo i fatti e la superficie, di un pensiero che spesso si
arrabatta per far quadrare le idee e che, quando vorrebbe
essere riflessivo, in realtà o sovrappone all'esperienza interiore
significati concepiti in separata sede, senza ascolto del sentire, o si
serve di formule già
pronte e a pronto uso, possiamo trovare nell'inconscio le guide per
rientrare dentro noi stessi, per conoscere, per conoscerci senza
illusioni, elusioni
o trucchi. Al pensiero conscio che, se costruito su basi razionali,
nella conoscenza di se stessi, è spesso, al di là della
presunzione, sgangheratamente approssimativo e pieno zeppo di
idee preconcette e di automatismi, oltre che compiacente verso le
personali immediate
convenienze e conservativo nella sostanza, l'inconscio oppone
l'occasione di ripartire da ciò che si svolge intimamente e dalla
base reale dell'esperienza e dei processi interni per capire, per
cercare il senso puntualmente, senza tralasciare nulla. Di fronte
alla complessità del proprio quadro interiore spesso la reazione
di chi ne è portatore è di insofferenza oltre che di timore e di
diffidenza. Non abituato ad aprirsi all'esperienza interiore e a
dialogare con essa, l'individuo è spesso prevenuto nei confronti
delle espressioni della propria vita interna cosiddette irrazionali.
Cercando di starsene, per quanto possibile, lontano, è pronto a
presumere che ci sia là dentro, nell'intimo, nel profondo, solo un
agitarsi confuso, un magma di spinte e di sensazioni da
tenere a bada, che minacciano di oscurare la
lucidità del ragionamento e la accortezza e la coerenza dei
propositi. Quanta paura dell'inconscio! Non stupisca che persino gli
addetti ai lavori, gli specialisti della psiche, che non abbiano
percorso la strada della loro personale ricerca interiore come base e
fonte di conoscenza, che si siano semplicemente avvalsi di teorie prese
in
prestito, di schematismi dottrinali, dove vale più la parola del libro,
del caposcuola, che la propria ricerca, abbiano non di rado una
sostanziale diffidenza e paura dell'inconscio, mascherata a volte da
sufficienza, da apparente padronanza dei termini di un'esperienza interiore, di
cui in realtà non hanno imparato né a fidarsi né a comprendere il
linguaggio vero, il senso. L'inconscio, su cui spesso c'è la pretesa,
sia del diretto interessato che, in non pochi casi, del curante, di
imporre un ordine e una normalizzazione funzionale alla ripresa solita
e su solite basi, non si lascia né zittire, né disciplinare. Restituisce all'individuo ciò che scorre in lui,
scombinandogli i piani, le
previsioni e le pretese, fondamentalmente continua a dargli lo specchio
per vedersi.
L'inconscio lo rimette "dentro", nel flusso vitale, nel
corso vero degli accadimenti interni, lo immerge nella sua storia
vera, nella sua dimensione d'esistente. Se finalmente accolto e compreso, l'inconscio è in grado di renderlo protagonista di conquiste di pensiero, di scoperte originali, lievito di progettualità nuova. Se condiviso e compreso, l'inconscio è capace di far abbandonare all'individuo la sua posizione abituale, avulsa da sé, anonima, passiva, fuori
dal tempo e dal suo corso, in cui era più preoccupato
dell'altrui
sguardo che del proprio, più gregario e spettatore d'altro che
riflessivo sul proprio, che creatore del proprio. L'inconscio non accetta la passività, la
rinuncia a se stessi, allo sviluppo del proprio originale pensiero e
progetto. L'inconscio divide e
riapre l'essere, rompe
l'univocità del pensato e della visione, ferisce e rilancia la tensione della ricerca. L'inconscio ci divide nel
nostro stare tutt'uno con ciò che, senza verifiche e
fondamento, pensiamo e che ostinatamente tuteliamo di noi
stessi. L'inconscio di noi sa vedere e mostrarci ciò che siamo. Lo
mostra compiutamente nei sogni. Se si analizza un sogno e, prima di ogni
sua parte, poi dell'insieme, si sa ricostruire e ritrovare tutta
l'incisività ed espressività simbolica, ci si accorge che
nulla riuscirebbe a illuminare meglio e in modo più
efficace la propria situazione interiore e la propria problematica
attuale.
L'inconscio dilata l'orizzonte, allarga lo sguardo su ciò
che stiamo facendo di noi stessi e della nostra vita e sulle
prospettive. Capita allora, non di rado, che un percorso di vita
venga reso a un certo punto, per intimo sentire, dall'interno, arduo, accidentato e sofferto, quasi impraticabile. Chi è "vittima"
di questo, anche forte, malessere interiore e impaccio, ritiene di essere in
pericolo, di correre il rischio, "ostacolato"da dentro, di
perdere l'opportunità di procedere felicemente. In realtà spesso è
soprattutto proteso a inseguire gli eventi, a garantirsi la tenuta
del suo procedere consueto, oltre che preoccupato di non essere da
meno degli altri e in ritardo rispetto a ciò che è comunemente
definito e designato come il percorso da seguire. Spesso chi è
"vittima" del nuovo e insistito disagio, ha scarsa visione di ciò che
sta facendo realmente di sé, della sua
vita. E' abituato a non avere altra visione di realtà possibile se non
quella consegnata da fuori, dal pensiero comune, visione da lui assorbita e
rafforzata razionalmente. Da dentro, da dove la crisi viene
movimentata e resa cocente, la consapevolezza (che ancora sfugge
alla parte "conscia" ) che va rivisto tutto, che va davvero
ripensata e compresa la propria condizione e il proprio modo di
procedere, che va costruito
ciò che serve per dotarsi di autonomia, con una propria visione di
sé, con la scoperta di significati e la comprensione di ciò che ha valore, condotta da sè e
alla radice. Ecco che
l'impaccio, l'ostacolo penosamente sperimentato, la crisi diventano
il mezzo e il richiamo, la condizione resasi necessaria per rivedere tutto. Può
essere che l'individuo decida a questo punto di fare sul serio, di cercare mezzi per
capirsi, per aiutarsi a guardarsi dentro. Può capitare che
l'esperienza analitica prenda il via da queste premesse. L'inconscio
ha aperto la strada. L'inconscio ancora guiderà e sosterrà la
ricerca conducendola verso lo scopo intimamente desiderato. La prima
novità, nel dialogo con l'inconscio, sarà quella di imparare a
pensare riflessivamente, a cercare con i propri occhi, a generare
finalmente conoscenza, conoscenza di sé.
Abituati a cercare e a procedere nella conoscenza con mezzi puramente
razionali, avvertendone spesso tutta l’astrattezza, l'esperienza e il
cammino in analisi mostreranno invece e sorprendentemente che è
possibile trovare nel sentire la
strada e il mezzo per avvicinarsi davvero a se stessi, per
orientarsi, per capire. Non è un risultato istantaneo, il
corso interiore va seguito passo dopo passo e il sapiente lavorio
dell'interiorità, fatto attraverso i sogni e gli svolgimenti del
sentire, va condiviso a fondo, compreso puntualmente e prolungatamente
per fondare nuova fiducia e capacità di capirsi in sintonia e in accordo
col proprio profondo. E' importante che l'analisi consegni nel tempo
all'individuo
capacità piena di dialogo con la propria esperienza interiore, vera
risorsa per conoscere, per orientarsi e per far crescere se stesso anche
in seguito, finita l'esperienza analitica. A dirigere sarà e continuerà
a essere l'inconscio, capace di guidare, di orientare e
di dettare i tempi e i modi della ricerca. Nel corso dell'esperienza
analitica l'inconscio mostra di saperlo fare, regolando il corso della
vicenda interna ( dei vissuti, del sentire, della trama degli
accadimenti interni ), rendendola base e occasione di avvicinamento a sé e di conoscenza e principalmente offrendo i sogni, veri fari della
ricerca. Al
resto dell'individuo, prima durante l'esperienza analitica e in seguito ancora, il compito
importante di porsi in ascolto, di
mettere a disposizione , lasciandosi prendere e condurre, la voglia
di scoprire, di capirsi, di arrivare a
se stesso, di andare sempre avanti. Non c'è guida più saggia e capace
per la conoscenza e la
realizzazione di se stessi dell'inconscio. Il mio lavoro di analista è
stato ed è possibile solo in virtù di questa guida.
venerdì 12 gennaio 2007
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