Quanto è seducente affermarsi e ben figurare agli occhi degli altri, riscuotere apprezzamento, riconoscimento di valore! E' tale l'entusiasmo che suscitano queste conquiste, che è completamente omesso, non visto, nemmeno messo in possibile conto, che tutto questo credito di valore personale che se ne ricava, che ci si concede sta in piedi solo a condizione di offrire allo sguardo e al giudizio altrui ciò che piace, che è ben considerato, considerazione, che a sua volta, come da parte propria così anche da parte altrui, si fonda su stereotipi, su giudizi di valore presi in prestito da senso comune e dati per scontati. Un circolo vizioso, dove ciò che circola appunto è solo il consenso, frutto di passiva adesione a un pensiero già formato e codificato, conseguenza e segno di mancato sviluppo di pensiero proprio, autonomo, fondato su esperienza, riflessione e scoperta autonoma di significati e comprensione di ciò che vale, vedendone con i propri occhi il fondamento, il suo perchè. Basta davvero poco per rendersi contenti e persuasi che il riciclo di preconcetti, di preconcetti belli e buoni, sia moneta spendibile preziosa, affidabile. L'aspirazione di valere, che la propria vita non scada nell'insignificanza, di avere capacità di realizzare qualcosa di degno, è aspirazione centrale, non di poco conto. La questione è come è tradotta questa aspirazione, che può trovare facile soluzione nel seguire pista già segnata, nel farsi dire e dare conferma, nell'esonerarsi dal compito, ben più impegnativo da assolvere, di trovare e formare da sè le basi della propria autentica e fondata realizzazione, del generare e far vivere qualcosa che ai propri occhi abbia consistenza di senso e di valore. Trarre da sè in unità e fedeltà col proprio intimo le proprie risposte e le scoperte di ciò che vale richiede paziente lavoro sulla propria esperienza, assiduo ascolto e dialogo con la propria interiorità. E' scelta ben più impegnativa, che non ha rapida soddisfazione pronta come invece accade nel cercare di dotarsi e di fare bella mostra di ciò che già è ben definito e qualificato agli occhi dei più come valido e importante, ma è anche aspirazione ben più sentita e avvincente del solo emulare modelli e riprodurli, per trarne plauso e sostegno esterno alla stima di sè e al valore delle proprie realizzazioni. Trarre da sè le scoperte di significato e di valore genera passione vera e convinta di far vivere e crescere ciò che si riconosce autentico e proprio, passione che non ha bisogno di plauso e di consenso esterno, ben altro dal compiacimento per la mancia di apprezzamento ricevuta nel dare prova e nel fare mostra di ciò che appare al giudizio altrui degno e meritevole. La questione del valore di ciò che si fa di sè e della propria vita, del modo in cui è intesa e risolta è comprensibilmente centrale, così rilevante da richiedere di non essere lasciata nelle nebbie dell'inconsapevolezza e delle autopersuasioni non soggette a attenta verifica. Capita, proprio per questo motivo, che una parte di se stessi, intima e profonda, tanto scomoda quanto intelligente e saggia, tanto impertinente quanto appassionata alla verità, che è la sola forza che può spingere e guidare a rendersi liberi e a crescere, non dia manforte alla celebrazione degli allori, che viceversa ci metta lo zampino per rendere tangibile che l'edificio del successo, dell'autoaffermazione nei modi e sulle basi dette all'inizio, non sta su, che se sta su lo fa solo poggiando su basi di ingenuità e di credulità imbarazzanti quando viste da vicino e lucidamente. Non aprire gli occhi implica portarsi dietro l'idea che la propria vita stia realizzandosi, quando tutto si regge su conferme esterne, a loro volta tutt'altro che intelligenti e fondate su capacità autonoma di giudizio. L'inconscio, la parte che diverge e che non dà manforte, è spesso la sola parte dell'individuo che ha intenzione e capacità di vedere oltre la patina bella fatta di illusioni, è la sola parte dell'essere che non dà tregua, che cerca di aprire falle, di dare spunti per capire, per aprire gli occhi finalmente. L'inconscio è il guastafeste che nello svolgersi dell'esperienza mette ostacoli, che a volte mette il freno, l'intralcio di una ben sgradita ansietà, di un impaccio, di una amnesia improvvisi, di un malumore inaspettato, di una caduta di interesse e di entusiasmo, che paiono incomprensibili, di un imbarazzo improvviso che così esposti e con trepidazione allo sguardo esaminante altrui pare il peggio da mostrare. L'inconscio fa vedere da un lato quanto quello sguardo altrui, così cercato e ben gradito quando applaude, è così tanto temuto quando rischia di decretare l'insuccesso, la magra figura, sia rilevante e decisivo e dall'altro, non solidarizzando e anzi mettendo intralci e freni alla foga della buona riuscita, vuol far capire che c'è qualcosa che conta di più della buona o perfetta riuscita. Cosa può valere di più? L'inconscio non ha dubbi, ciò che vale e che è all'altezza dell'essere individui, dell'essere umanamente compiuti, è prima di tutto aprire gli occhi, primo passo, tanto importante quanto impegnativo e anche non immediatamente piacevole, per prendere visione della condizione dipendente, pur ben addobbata, camuffata e travestita da capacità di autoaffermazione, in cui ci si è incastrati, una condizione, tutt'altro che matura e di cui compiacersi, condizione di bravi bambini impegnati a recitare bene e a produrre ciò che vale per meritarsi il ben volere e l'apprezzamento altrui. L'inconscio per porre in crisi, per indurre a un riesame attento il proprio modo di procedere, può spingere la sua iniziativa ben oltre. Uno stato interiore segnato da ansietà continua, oscurato da caduta di fiducia, da infelicità disarmante, da blocco di ogni spinta di desiderio e di iniziativa, valgono a dettare le priorità, a mettere sotto esame e verifica, a fare stima onesta e vera di un corso di vita, guardando ben oltre le apparenze, così consegnato a regolazione esterna, così dipendente, così fasullo, così mancante di realizzazione autonoma e vera. Lo scopo che ha in testa e in animo l'inconscio è di rendere prima di tutto ben visibile all'individuo il rischio di vendersi, casomai fino al termine del suo cammino di vita, eventualità non così remota, all'illusione di una vita ben spesa e realizzata, prestando fede e facendo conto su ciò che altri e il pensiero comune considerano valere, per aprire la strada invece alla scoperta del significato, del fascino e della validità di una vita spesa per sviluppare pensiero proprio e autonomo, per far vivere ciò che, in unità col proprio profondo, si arriva a riconoscere da sè e con i propri occhi come valore da difendere e da realizzare.
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