Sull’onda di fatti di cronaca drammatici si torna a parlare
di cause che starebbero all'origine di legami uomo donna caratterizzati da
preteso possesso e dominio dell'uomo sulla donna, fino all'estremo della
violenza e della soppressione della vita di lei. Ogni storia di relazione è
singolare, come è singolare la vicenda personale di ognuno, ma si insiste, probabilmente per fornire a se stessi la
persuasione di disporre di ampia capacità di critica e di comprensione, in non
pochi casi per affermare buoni principi che consentano di apparire, in contrapposizione ad altri, come
virtuosi e senza macchia, nel parlare di incidenza del fattore mentalità, del
peso, ritenuto rilevante e decisivo, di condizionamenti culturali e di modelli
di tipo patriarcale ad esempio, che indurrebbero nel maschio senso di
superiorità e di maggior diritto e che inchioderebbero la donna al ruolo
subalterno. Si parla della necessità di educare ai sentimenti che non siano di
possessività, di pretesa superiorità e di dominio, che portino a una visione
diversa dell'altro, per fondare una diversa mentalità e costume. Insomma pare
che tutto nei modi di vivere i rapporti possa cambiare combattendo cattivi
principi, diffondendo invece e educando a idee, a modelli, a principi di valore
capaci di sradicare quella pretesa maschile di dominare e di disporre della
vita altrui, di pensare la donna come subalterna o inferiore o destinata quasi
per vocazione naturale a soddisfare, a sottostare a pretese di controllo, di
dominio, persino di appartenenza. Si vorrebbero educare in primo luogo i
ragazzi, i giovani a sentimenti di altra natura all'insegna del rispetto,
dell'attenzione, del considerare l'altro, particolarmente l'altra, non come
oggetto d'uso e che assecondi le proprie attese e pretese, ma come valore di
individuo da conoscere e riconoscere come degno di attenzione, di
considerazione, di rispetto, di stima, la cui libertà va riconosciuta come
valore invalicabile. Tutto giusto e lodevole nelle intenzioni, ma le radici
della possessività non sono legate solo a condizionamenti culturali, a cattivi
modelli e principi o a scarsa educazione sentimentale e alla relazione, che
affermi e dia risalto all'idea che il rapporto umanamente valido e giusto è
quello aperto e rispettoso e non quello di presa e di preteso possesso
sull'altra, idea e principio alla base della possibile degenerazione
dell'esercizio della sopraffazione, dell'abuso, della violenza. Quando
l'individuo non è veramente completo e capace di autonomia, non di quella delle
apparenze e dell'apparire, del saper fare e del dare prova di riuscita in ciò
che è comunemente apprezzato, che illudono che ci sia stata crescita personale
e sviluppo di autonomia, ma di quella vera, si pongono le basi di rapporti
fortemente segnati da presa dipendente. La crescita e l’autonomia vera sono le conquiste
di chi ha saputo sviluppare la capacità
di ascoltarsi e di non fuggire da se stesso, dal proprio sentire, anche quando
difficile, di chi ha cercato e di continuo cerca vicinanza con se stesso e
comprensione intima dei significati veri dentro la propria esperienza, cercando
senza veli e senza sconti la verità di se stesso, arrivando così a vedere con i
propri occhi e in unità con se stesso, senza andar dietro a suggerimenti e a
guide esterne, senza sostegno di convalide o di ammonimenti esterni, ciò che di
se stesso va messo in discussione, comprendendo nel vivo ciò che è giusto, che vale
e che si vuol far vivere con forza di persuasione, con passione. Ebbene quando
tutto questo, che non si improvvisa, ma che può essere soltanto il frutto di un
assiduo lavoro su se stessi, di una responsabilità di crescita che si riconosce
come spettante a sé, a prescindere da mancati apporti ricevuti e da
condizionamenti esterni, non è stato perseguito, mancano le basi di autonomia e
completezza di crescita personale. Accade allora, non è certo eventualità rara,
che per colmare il vuoto di crescita, di sviluppo, spesso non ammesso e tenuto
nascosto ai propri occhi, vuoto cui non si è provveduto e cui comunque non si
intende provvedere, la tendenza sia di cercare in altro, attraverso altri ciò
che interiormente manca e che non è stato coltivato e fatto vivere. La presa va
su un sostituto verosimilmente analogo, che sembra fatto apposta, in realtà un
succedaneo rispetto a ciò che potrebbe formarsi di proprio, che comunque pare
capace o destinato a garantire quel bene vitale mancante, capace di dare
riempimento e soddisfacimento, di garantire un completamento. L’effetto, che
passa ai propri occhi volentieri inosservato, è di bloccare in questo modo qualsiasi
processo di ricerca e di crescita personale, che giustamente e per natura
sarebbe affidato a sè e di cui peraltro la parte profonda del proprio essere è
anima, è fautrice e matrice essenziale (tant’è che spesso con i segnali di
malessere, che produce interiormente, fa sentire l’insostenibilità di un modo
di essere e di procedere così parziale e mal fondato), che richiede conquiste
di consapevolezza, scoperte, verifiche e cambiamenti interni impegnativi e
necessari. Il legame dipendente a pronto uso apre una scorciatoia, sostituisce
il vero processo di crescita che richiede lavoro su di sè, impegno e tempo.
Tende a un simile legame dipendente il maschio, spesso mancante di accesso
all'intimo, di creazione di intimità con se stesso, di capacità di ascolto e di
comprensione intima di se stesso, di calore di vicinanza, di scambio e di
condivisione con la propria interiorità, che vede nella donna l'occasione per
portare a sè, per includere nella propria vita e in modo stretto e vincolante
ciò che gli manca per essere individuo vero, individuo intero e completo,
autonomo, indipendente. La dipendenza, la presa su altro che dia il sostituto
di ciò di cui si manca e della cui ricerca e crescita non si riserva a sè il
compito, non è, come dicevo, modalità così rara e i rapporti interpersonali
sono spesso di interdipendenza. I due reciprocamente mettono per così dire le
mani l'uno sull'altro per portare a sè ciò che desistono dal riservare a sè
come ricerca e costruzione vera e ben fondata, come esigenza di sviluppo umano,
come scoperta e conquista da coltivare e far crescere dentro se stessi e in
modo autonomo. Lo stesso rapporto dell'individuo con l'insieme, con la
cosiddetta realtà che sta attorno è spesso di natura dipendente dove si concede
a modalità consolidate, a soluzioni e percorsi
già ben definiti e organizzati, a pensiero e a esempio comune di essere
guida e veicolo per istruire il proprio pensiero, per indirizzare la propria
vita, per deciderne i modi, le tappe, i traguardi, gli sviluppi, tutto in vece,
in sostituzione della ricerca di formazione di una propria capacità di guida
autonoma, di vero autogoverno. Nel rapporto di coppia il legame interdipendente
trova grande opportunità di compiersi, di svolgere la funzione di dare pseudo
completamento ai due, non lavorando ognuno su di sè, ma prendendo dall'altro.
Allora i vuoti, le lacune di crescita, le pseudo conquiste, di facciata e in
realtà inconsistenti, hanno modo di trovare una sorta di riempimento e di
assestamento, il mutuo soccorso e la comune ideologia dell'unione e dell'amore
(quale amore è possibile nella dipendenza?)
fa sì che la coppia procuri ai
due la promessa di un idilliaco compenso e assestamento. La visione che
propongo e che cerca il vero oltre la superficie e il recinto della retorica
dei sentimenti, ovviamente non coincide con la lettura convenzionale che esalta
il sentimento, l'innamoramento o altro come spiegazione di ciò che i due
mettono assieme e cui danno compimento nella loro storia e nel legame che vanno
a instaurare. Ciò che accade e non di rado è che l'uomo che, come già dicevo, è
in non pochi casi spiazzato e lontano rispetto all'intimo della propria
esistenza, a ciò che vive dentro se stesso, povero di familiarità e di capacità
di rapporto col suo sentire, di dialogo intimo e caldo, di conoscenza vera di
sè non rattoppata e costruita razionalmente e in astratto, abituato a gestire e
a dare prova di prestanza nel ragionare, a cercare la prova del proprio valore
nell'operare e risolvere su piano concreto e del fare, del primeggiare come
prestanza di testa e di capacità di successo concreto, porti in sè disattesa
una necessità fondamentale, una mancanza non di poco conto, dentro una
condizione complessiva che, fatte salve le illusioni, non è certo di individuo
autentico e completo. Non è insolito che, dove non riconosca la necessità di
una profonda revisione del proprio stato, di un lavoro su se stesso per colmare
quei vuoti, cosa non frequente, la spinta dell'uomo sia di percorrere la
scorciatoia di cercare la fonte di calore, di gioia, di un che di amorevole che
lo sorregga, che gli dia conferma e rassicurazione in una forma più intima, più
esclusiva, che gli dia vicinanza e cura di sè,
nella donna, che pare potergli rappresentare e dare simili risorse cui
attingere, da portare e da stringere a sè. Dall'altra parte la donna, che
parrebbe più vicina alla dimensione intima del sentire e degli affetti, ma che
non è affatto detto che con questi abbia un rapporto sincero e rispettoso e non
strumentale, lei stessa spesso in fuga dal suo sentire vero, soprattutto se
difficile e sofferto e lontana dall’aver sviluppato capacità di ascolto e di
dialogo con la sua interiorità, ha dalla sua la difficoltà di trovare risposte
alla necessità di prendere in mano fino in fondo la propria vita, di trovare, di
generare e di riconoscere da sè il proprio valore, di tenere ben salda nelle
proprie mani la guida della propria vita senza appoggi, rassicurazioni o
garanzie prese da altri come da un uomo, che, dove le offra valorizzazione come
oggetto di desiderio, di predilezione, di investimento di interesse e di
ricerca di legame, parrebbe offrirle un grosso alimento alla propria autostima,
oltre che la garanzia di dare più salda e garantita realizzazione o
sistemazione alla propria vita, perlomeno secondo i canoni e i modelli di
realizzazione più diffusi e vigenti. Il rapporto uomo donna, che oggi, sull’onda
di fatti, di vicende incresciose, torna a essere oggetto di dibattito, si
forma, prende avvio spesso all'insegna della disattenzione a conoscersi
veramente e in profondità e dell'equivoco reciprocamente messi in campo, perchè
la istanza e la modalità dipendente, non riconosciute come tali, ben camuffate
e equivocate dalla lettura retorica dei sentimenti, lavorano proprio per
rendere possibile quell'unione di reciproco interesse a stabilizzare e a
completare seppur in modo surrettizio, oltre che fragile e posticcio, la
propria vita. Le sorprese sono di conseguenza dietro l'angolo e chi nella fase
del cosiddetto innamoramento appariva creatura luminosa, generosa e prodiga di
attenzioni l'indomani si rivela essere presenza arida e egoista, sempre più
simile a un individuo che di sentimento vero non ne ha proprio per nulla, ma
che pretende solo attaccamento e esercita presa dipendente con tutti i risvolti
anche degeneri del caso, di prepotenza e possessività. Preso dall’altra persona
e portato a sè come bene essenziale ciò che non è stato sviluppato dentro di
sè, ecco che l'altra diventa come proprietà da cui non ci si può, ma
soprattutto non ci si vuole separare, che, in quel vissuto di appartenenza a
sè, non ha diritto di vita e di espressione propria, di andarsene se lo crede.
Prendere da fuori ciò che non ci si è dati da sè, come invece sarebbe naturale,
necessario e valido impegnarsi a fare, prendere da un altro essere e caricarlo
della funzione e della capacità di offrire ciò di cui si ha vitale necessità,
fa sì che chi ha supplito alla mancanza diventi, sia vissuto come parte di sè
essenziale, in assenza della quale si profila la disperazione di perdere
qualcosa di vitale, che si accompagna all'accendersi fino all'esplosione di un
sentimento di rivolta e di rancore nel vedersi privare, come per un torto
inflitto inaccettabile, di qualcosa che si considera dovuto a sè, che non si
accetta che si stacchi, che vada via e che viva casomai legandosi a altri.
Crescere in autonomia è crescere in completezza umana, che richiede lavorare su
di sè, costruire ciò che nessun altro può e è legittimo che debba offrire, un
sostituto, un succedaneo, una risposta che non è ciò che spetta a sè coltivare
e generare perchè abbia forma viva, vera, originale. Solo individui interi, che
si sono assunti la responsabilità di fondare su di sè e di costruire la loro
completezza umana, compito, desiderio e aspirazione non delegabili a niente e a
nessuno, possono tra loro dare vita a rapporti che siano trasparenti,
rispettosi e fecondi, dove il riconoscimento della dignità e della libertà dei due non è un principio o un
dovere astratto da osservare per legge esterna, un valore semplicemente
assimilabile e inducibile con l'educazione o il cambiamento culturale, come
oggi non pochi vogliono far credere, ma un convincimento interno maturo, frutto
genuino di un approfondito lavoro su se stessi, un che di fortemente sentito,
un credo e una passione sinceri e profondamente fondati.
Raccolgo qui alcuni miei scritti, in parte già comparsi in rete. Via via ne aggiungerò. Spero diano spunto a riflessioni e, per chi vorrà, a un confronto. Svolgo da molti anni attività psicoanalitica e dall'ascolto quotidiano dell'inconscio ho tratto e traggo il sapere di cui dispongo. L'intelligenza dell'inconscio, la sua capacità propositiva sono in gran parte sconosciute ai più. Vorrei contribuire a far conoscere e scoprire questa risorsa interiore essenziale e di formidabile valore.
Nessun commento:
Posta un commento