sabato 19 luglio 2025

La guida interiore

La parte conscia dell'individuo si fa vanto di superiorità rispetto alla componente interiore e profonda nel garantirgli capacità di guida affidabile, la suppone. E' comprensibile che lo faccia, visto che nell’esperienza di molti, questa parte di se stessi, che fa leva su volontà e pensiero ragionato, da sola e volendo fare da sola, ha tirato e tira la carretta. La parte inconscia però non è, come ritiene spesso il pensiero comune, un magma di paure, un serbatoio di brutte esperienze, uno strepitio di pretese infantili e di convincimenti irragionevoli e assurdi, dunque una parte inaffidabile, da tenere comunque in subordine. L'inconscio è la parte di noi stessi che sa vedere le cose che ci riguardano da vicino con trasparenza e fedeltà di sguardo, sapendo, ben diversamente dalla parte conscia, contemporaneamente allargare e estendere la prospettiva per cogliere l'insieme e ciò che nel tempo ne sarebbe di noi stessi procedendo nella modalità consueta. La parte conscia vuole la continuità, concepisce e dice cose che confermano solo ciò che è solita credere, sostanzialmente non sa staccare da ciò che le è abituale e che dà per scontato, per vedere riflessivamente e senza pregiudizio cosa sta sostenendo e in che modo. La parte conscia si illude di essere lucida, obiettiva, capace di riconoscere e di garantire a se stessi il meglio della conoscenza e le più favorevoli delle risposte e delle soluzioni, in realtà è spesso cieca e passiva, ripete più di quanto non creda luoghi comuni, si avvale nel pensare, nel ragionare sull'esperienza, di attribuzioni di significato prese in prestito e assunte passivamente, dando per scontato di sapere cosa sta dicendo, cerca all’esterno e si fa dare convalide rassicuranti, si fa persuadere dall'approvazione altrui, ne dipende, perciò si chiude e si rigira su se stessa. Non sa vedere la passività che la costringe a far suo ciò che nell’uso e nel credo comuni è già definito come significato valido e normale, non sa vedere la propria inconsistenza di pensiero. Ciò che si pensa è importante, anzi fondamentale, indirizza e sostiene le proprie scelte, è decisivo per la propria sorte. Se è un pensiero, quello di cui ci si avvale, che, per come viene messo assieme, articolato e composto, per le attribuzioni di significato che impiega e variamente combina, è coerente e conforme a una visione della vita e delle sue possibili realizzazioni già concepita e sistemata, il peso della incapacità di conoscersi davvero e di conoscere autonomamente e fedelmente a sé è rilevante, decisivo per la propria sorte. Solo la capacità di formare pensiero autonomo e fondato sulla comprensione dei significati tratti dalla propria esperienza può rendere indipendenti e capaci di prendere in mano la propria sorte. Perché il proprio pensiero sia fondato, davvero valido e affidabile, capace di garantire a se stessi capacità di orientamento e di giudizio, libertà di scelta, è necessario che tutto del pensiero di cui ci si avvale sia formato partendo da se stessi, da scoperta di significati dentro e attraverso la propria esperienza, i propri vissuti. Le proprie vere ragioni di vita e potenzialità, che rischiano di essere oscurate o malamente confuse con le aspirazioni e le mete prese in copia e in aderenza a ciò che fuori di sé è comunemente promosso e organicamente concepito e organizzato, sono in realtà tutte ancora da scoprire, da riconoscere. L'inconscio non ignora queste lacune, ha ben presenti tutte queste questioni e necessità vitali, l'inconscio è la parte di noi stessi portatrice di ciò che autenticamente e profondamente siamo, con cui e per cui siamo venuti al mondo e che potremmo far vivere e realizzare, è la parte che non chiude gli occhi, che non riconosce come priorità stare al passo con gli altri e proseguire, che ha ben altra preoccupazione e cura di noi stessi, è la parte che sa riconoscere il niente camuffato da tutto, il vuoto, l'inconsistente dove la parte conscia crede ci sia chissà quale sostanza. L'inconscio è la risorsa di cui profondamente disponiamo per vedere senza illusioni e trucchi, è la capacità insita in noi di porre in primo piano il vero, rispetto alla tendenza, spesso prevalente, a far funzionare comunque le cose, cercando a testa bassa di non perdere punti, di non rimanere indietro rispetto agli altri, provando con ogni mezzo a far girare il meccanismo, a proseguire comunque. L'inconscio, contrastando la tendenza dominante nella parte conscia a salvaguardare un modo di procedere e un equilibrio mal fondato e per nulla rispondente alle proprie necessità e possibilità, cerca di far sentire, smuovendo il quadro interiore, di segnalare nel sentire, lo scricchiolio dell'insieme dell'assetto di un modo di essere e di procedere, che pretenderebbe di essere solido, quando in realtà è spiantato, fragile, sconnesso. L'inconscio al mantenimento di questo insieme non dà manforte. Ansia e quant'altro trovi espressione nel disagio interiore, spinti e messi in campo dall'inconscio, servono a far sentire l'intimo profondo disaccordo, il pericolo e il senso di inaffidabilità di un modo d'essere e di procedere tutt'altro che validi e promettenti, a far sentire la necessità di un cambiamento di sguardo e di rotta, a consegnare il compito non di tirare avanti dritto incuranti, ma di cominciare davvero a guardare senza veli, a capire come si sta procedendo, di cosa si è sostanzialmente privi. Nel disagio interiore e nelle sue punte di malessere ci sono apporti e stimoli accorti e intelligenti, carichi di significato e con ben valido fondamento, anche se scioccamente trattati e considerati come segni di anomalia, come ansia immotivata ad esempio. Il vizio di fondo di tanto pensiero psicologico e psicopatologico è di considerare l'uomo come un meccanismo che deve stare dentro, funzionare regolarmente e realizzarsi nel cosiddetto "reale", il che altro non significa se non lo stare sui binari e nell'adesione a ciò che, pur con tante varianti e opzioni alternative, nella sostanza è già modellato e dato, già pensato e detto, che nulla ha a che vedere con la formazione di pensiero proprio, con la scoperta di se stessi e del proprio progetto, che l'inconscio stimola con insistenza, che vuole con forza, perchè condizione per essere artefici del proprio destino e liberi, non gregari, non ridotti a essere copia d’altro, di un disegno di vita nelle sue linee guida e nei suoi percorsi possibili  preso da fuori. Dove la parte conscia tira dritto e consolida solo il pregiudizio, l'inconscio "pensa" e cerca di far sentire la sua presenza, di esercitare la sua influenza, tutt'altro che negativa, anche se vissuta come disturbante, anche se bollata come disturbo e patologia da trattare e eliminare. L'inconscio non è lontano o destinato per sua natura a rimanere tale. Anzi il nostro inconscio vuole esserci nella nostra vita, stimolarci e sostenerci nell'impegno di crescita, consegnandoci (attraverso i sogni principalmente, ma anche plasmando tutto il corso interiore dei nostri vissuti, del nostro sentire) nuova linfa e pensiero, vuole che sia condiviso dalla nostra parte conscia, cui chiede coinvolgimento, impegno e serietà, messa in discussione e rinuncia alla pretesa di capire tutto in un attimo o, peggio, di sapere già. L'inconscio non è uno strano accessorio o una presenza aliena, non è un'entità oscura, destinata a sfuggirci, di cui solo gli esperti possono dire, con quale cognizione di causa è tutto da vedere. L’inconscio siamo noi in una parte del nostro essere, la più autentica e vitale, la meno passiva e rinunciataria, la meno addomesticabile, la più dotata di intelligenza acutissima nel riconoscere quanto c’è nel proprio presente e la più lungimirante, che ahimè spesso è ignorata letteralmente, come non esistesse, oppure che è fatta oggetto di attribuzioni che ne fraintendono e ne sminuiscono il potenziale  e la natura, ripetendo sul suo conto definizioni prese qua e là, applicandole stereotipi, come quello di considerarla un serbatoio di esperienze negative rimosse, che oscuramente alimenterebbero paure e disagi, vivendola e trattandola come parte oscura e assai poco accessibile da tenere a bada, verso cui stare in guardia perché non turbi il proprio equilibrio e benestare, in definitiva finendo molto spesso per non riconoscerne il vero volto, il significato e il potenziale trasformativo che può portare nella propria vita. L’inconscio è ben altro che una parte oscura, poco affidabile e assai poco accessibile e intelligibile, che abita il nostro essere, è la parte di noi stessi che svolge un lavoro estremamente attento, che raccoglie e documenta ogni passo del nostro procedere, che evidenzia continuamente nelle nostre emozioni e stati d'animo il vivo e la complessità di cui è fatta la nostra esperienza, il vero e l'intero, senza omissioni o aggiustamenti di significato o riduzioni di comodo, come, pensando col ragionamento, tendiamo spesso a fare. L’inconscio è la parte più accorta e affidabile del nostro essere. Capita che già giovani o giovanissimi si veda il proprio corso d'esistenza, che si vorrebbe quietamente e piacevolmente sereno, turbato da malesseri o da crisi interiori, non per caso, non per cedimenti o per insufficienze banali, non per difetti di buon funzionamento, non per condizionamenti, insufficienze e responsabilità esterne, cui si tende sempre a ricondurre l’origine e la causa di malesseri e disagi, ma per ragioni più profonde, di mancanza di basi salde di unità con se stessi, di conoscenza di se stessi, senza le quali, particolarmente per chi è giovane (dico particolarmente, perché la questione non riguarda solo chi è giovane) e nella necessità di comprendere e decidere come indirizzare la propria vita, è mancante e compromessa la capacità di trarre da sé le risposte, di farsi attenti e fedeli interpreti di se stessi e di guidarsi autonomamente, di sventare il rischio di farsi sostituire, di affidare l’orientamento della propria vita e del proprio futuro a guida esterna piuttosto che interna. Già pare infatti modellato, spiegato e detto ciò che va inteso per realizzazione personale, per crescita, per ricerca del bene della propria vita. Le tappe, le occasioni, i modi di intendere la maturità sembrano già definiti e scolpiti nell'esempio comune, nel pensiero vigente, prima di ogni possibilità e impegno di scoperta e di ricerca personali. Il rischio di saltare la propria ricerca e di imboccare strade già segnate, tradendo, deludendo le proprie ragioni e aspirazioni profonde, nemmeno indagate, coltivate e conosciute, è fortissimo. L’inconscio non per caso intralcia il cammino, fa sentire con ansia, attacchi di panico o quant’altro cosa vacilla e manca, forza l'individuo col malessere ad andare più verso se stesso che verso l‘esterno e verso altri, gli fa toccare con mano la sua non familiarità e lo smarrimento nel contatto con il proprio mondo interiore, gli fa sentire l'urgenza di porvi rimedio, di non procedere incurante di questo stato di incomprensione con se stesso. Non è distruttiva la pressione che l’inconscio esercita sull'individuo, è provvidenziale e saggia, gli vuole togliere illusioni, vuole spingerlo a delle verifiche attente e approfondite da farsi con i propri occhi, con trasparenza e coraggio di verità finalmente. L'inconscio vuole aprire all'individuo una stagione di profonda trasformazione per sostituire il posticcio di una identità e di un senso della propria vita prese in prestito, fragili, non verificate e comprese davvero (fondate più sull’imitazione e sulla ricerca dell’intesa con l’esterno e con gli altri che sul confronto con se stesso) con la presa di coscienza, con la formazione di proprie idee fondate e verificate, con la formazione di propria visione, in stretta unità e accordo col proprio intimo e profondo. Il rischio per l'individuo di sprecare la propria vita diventando copia d’altro e dipendente da altro, che, nel pensato e nell'esempio comune, nel già organizzato e strutturato, nel cosiddetto "reale", è pronto a suggerire, a convalidare, a sostenere, a dare le dritte, non è sottovalutato dalla parte profonda di se stesso. Non è un caso se l’inconscio fa il guastafeste, se fa ad esempio sentire senso di fragilità, di sfiducia, senso di vuoto e di inutilità. Simili vissuti sono facilmente giudicati patologici, sbagliati, espressione di qualcosa che non funziona come dovrebbe. E’ frequentissima in chi ne vive l’esperienza, l’istanza prima di tutto di liberarsi di questi malesseri, visti come intralci malauguratamente dolorosi e limitanti, per restituirsi, come si ritiene sia normale, il proprio benessere come libertà di vivere e di procedere senza gravami interiori. E’ abituale cercare aiuti per mettere a tacere con farmaci o con psicoterapie che dettino strategie e tecniche varie per controllare il sentire così  penoso e arduo o per indagare e trovare sul suo conto qualche presunto  motivo d’origine, particolarmente cercando nel passato e riconducendo a altro e a altri le responsabità, che, per inadempienze o condizionamenti negativi da parte  di genitori o dell’ambiente o per un trauma subito,  avrebbero intaccato il proprio equilibrio e compromesso il sano processo di crescita. Risposte al malessere e alla crisi vissuta interiormente che non comprendono la natura del problema e il senso di ciò che sta accadendo dentro se stessi, tutt’altro che segno di un guasto o di una anomalia di cui si si sarebbe sfortunate vittime e da cui urgerebbe liberarsi, lasciando tutto di sé, del proprio modo di procedere, della conoscenza di se stessi, dello stato di lontananza e di non rapporto con la parte intima e profonda di sé, fondamentalmente intatto e irrisolto. Ciò, che certamente impegnativo e difficile sta accadendo dentro se stessi vede la presenza e l’iniziativa forte della propria parte profonda. L’inconscio smuove le acque, turba il quieto vivere per dare indicazioni impegnative quanto fondate e vere, sollecitando attraverso il sentire, spesso proponendo sogni che hanno forte capacità di dare guide di ricerca e chiarimenti, la presa di coscienza che ad esempio non ci può essere fiducia in se stessi, che non può esserci base salda nel proprio procedere e affidabile per sé, se di proprio non si è ancora compreso e messo assieme nulla. L'inconscio può diventare la guida più affidabile e sicura, se si impara a riconoscerlo e a rispettarlo in ciò che è, se se ne comprende e condivide lo spirito e l'intento, se, dando risposta appropriata al malessere interiore, si decide, procurandosi l'aiuto valido e necessario, di cominciare, imparando prima di tutto a ascoltare e a conoscere il linguaggio della propria interiorità,  un serio lavoro su se stessi, di aprire una stagione di crescita e di cambiamento, in stretta unità e con l’aiuto e la guida fondamentali del proprio profondo. L'inconscio non difende il quieto vivere, perchè non ha a cuore il persistere in ciò dentro cui si è solo pallida immagine e inautentica di se stessi e in cui c’è un rischio, anzi ben di più di un rischio, di realizzazione impropria della propria vita. L'inconscio è impegnativo, perchè non appoggia passività e rinuncia, illusioni e comodo, ma è un potente alleato nell'impegno di far vivere se stessi, di concepire e di mettere al mondo con le proprie forze e risorse qualcosa che abbia un contenuto originale e un senso.

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