La parte conscia dell'individuo si fa vanto di
superiorità rispetto alla componente interiore e profonda nel garantirgli
capacità di guida affidabile, la suppone. E' comprensibile che lo faccia, visto
che nell’esperienza di molti, questa parte di se stessi, che fa leva su volontà
e pensiero ragionato, da sola e volendo fare da sola, ha tirato e tira la
carretta. La parte inconscia però non è, come ritiene spesso il pensiero
comune, un magma di paure, un serbatoio di brutte esperienze, uno strepitio di
pretese infantili e di convincimenti irragionevoli e assurdi, dunque una parte
inaffidabile, da tenere comunque in subordine. L'inconscio è la parte di noi
stessi che sa vedere le cose che ci riguardano da vicino con trasparenza e
fedeltà di sguardo, sapendo, ben diversamente dalla parte conscia,
contemporaneamente allargare e estendere la prospettiva per cogliere l'insieme
e ciò che nel tempo ne sarebbe di noi stessi procedendo nella modalità
consueta. La parte conscia vuole la continuità, concepisce e dice cose che
confermano solo ciò che è solita credere, sostanzialmente non sa staccare da
ciò che le è abituale e che dà per scontato, per vedere riflessivamente e senza
pregiudizio cosa sta sostenendo e in che modo. La parte conscia si illude di
essere lucida, obiettiva, capace di riconoscere e di garantire a se stessi il
meglio della conoscenza e le più favorevoli delle risposte e delle soluzioni,
in realtà è spesso cieca e passiva, ripete più di quanto non creda luoghi
comuni, si avvale nel pensare, nel ragionare sull'esperienza, di attribuzioni
di significato prese in prestito e assunte passivamente, dando per scontato di
sapere cosa sta dicendo, cerca all’esterno e si fa dare convalide rassicuranti,
si fa persuadere dall'approvazione altrui, ne dipende, perciò si chiude e si
rigira su se stessa. Non sa vedere la passività che la costringe a far suo ciò
che nell’uso e nel credo comuni è già definito come significato valido e
normale, non sa vedere la propria inconsistenza di pensiero. Ciò che si pensa è
importante, anzi fondamentale, indirizza e sostiene le proprie scelte, è
decisivo per la propria sorte. Se è un pensiero, quello di cui ci si avvale,
che, per come viene messo assieme, articolato e composto, per le attribuzioni
di significato che impiega e variamente combina, è coerente e conforme a una
visione della vita e delle sue possibili realizzazioni già concepita e
sistemata, il peso della incapacità di conoscersi davvero e di conoscere
autonomamente e fedelmente a sé è rilevante, decisivo per la propria sorte.
Solo la capacità di formare pensiero autonomo e fondato sulla comprensione dei
significati tratti dalla propria esperienza può rendere indipendenti e capaci
di prendere in mano la propria sorte. Perché il proprio pensiero sia fondato,
davvero valido e affidabile, capace di garantire a se stessi capacità di
orientamento e di giudizio, libertà di scelta, è necessario che tutto del
pensiero di cui ci si avvale sia formato partendo da se stessi, da scoperta di
significati dentro e attraverso la propria esperienza, i propri vissuti. Le
proprie vere ragioni di vita e potenzialità, che rischiano di essere oscurate o
malamente confuse con le aspirazioni e le mete prese in copia e in aderenza a
ciò che fuori di sé è comunemente promosso e organicamente concepito e
organizzato, sono in realtà tutte ancora da scoprire, da riconoscere.
L'inconscio non ignora queste lacune, ha ben presenti tutte queste questioni e
necessità vitali, l'inconscio è la parte di noi stessi portatrice di ciò che
autenticamente e profondamente siamo, con cui e per cui siamo venuti al mondo e
che potremmo far vivere e realizzare, è la parte che non chiude gli occhi, che
non riconosce come priorità stare al passo con gli altri e proseguire, che ha
ben altra preoccupazione e cura di noi stessi, è la parte che sa riconoscere il
niente camuffato da tutto, il vuoto, l'inconsistente dove la parte conscia
crede ci sia chissà quale sostanza. L'inconscio è la risorsa di cui profondamente
disponiamo per vedere senza illusioni e trucchi, è la capacità insita in noi di
porre in primo piano il vero, rispetto alla tendenza, spesso prevalente, a far
funzionare comunque le cose, cercando a testa bassa di non perdere punti, di
non rimanere indietro rispetto agli altri, provando con ogni mezzo a far girare
il meccanismo, a proseguire comunque. L'inconscio, contrastando la tendenza
dominante nella parte conscia a salvaguardare un modo di procedere e un
equilibrio mal fondato e per nulla rispondente alle proprie necessità e
possibilità, cerca di far sentire, smuovendo il quadro interiore, di segnalare
nel sentire, lo scricchiolio dell'insieme dell'assetto di un modo di essere e
di procedere, che pretenderebbe di essere solido, quando in realtà è spiantato,
fragile, sconnesso. L'inconscio al mantenimento di questo insieme non dà
manforte. Ansia e quant'altro trovi espressione nel disagio interiore, spinti e
messi in campo dall'inconscio, servono a far sentire l'intimo profondo
disaccordo, il pericolo e il senso di inaffidabilità di un modo d'essere e di
procedere tutt'altro che validi e promettenti, a far sentire la necessità di un
cambiamento di sguardo e di rotta, a consegnare il compito non di tirare avanti
dritto incuranti, ma di cominciare davvero a guardare senza veli, a capire come
si sta procedendo, di cosa si è sostanzialmente privi. Nel disagio interiore e
nelle sue punte di malessere ci sono apporti e stimoli accorti e intelligenti,
carichi di significato e con ben valido fondamento, anche se scioccamente
trattati e considerati come segni di anomalia, come ansia immotivata ad
esempio. Il vizio di fondo di tanto pensiero psicologico e psicopatologico è di
considerare l'uomo come un meccanismo che deve stare dentro, funzionare
regolarmente e realizzarsi nel cosiddetto "reale", il che altro non
significa se non lo stare sui binari e nell'adesione a ciò che, pur con tante
varianti e opzioni alternative, nella sostanza è già modellato e dato, già
pensato e detto, che nulla ha a che vedere con la formazione di pensiero
proprio, con la scoperta di se stessi e del proprio progetto, che l'inconscio
stimola con insistenza, che vuole con forza, perchè condizione per essere
artefici del proprio destino e liberi, non gregari, non ridotti a essere copia
d’altro, di un disegno di vita nelle sue linee guida e nei suoi percorsi
possibili preso da fuori. Dove la parte
conscia tira dritto e consolida solo il pregiudizio, l'inconscio
"pensa" e cerca di far sentire la sua presenza, di esercitare la sua
influenza, tutt'altro che negativa, anche se vissuta come disturbante, anche se
bollata come disturbo e patologia da trattare e eliminare. L'inconscio non è
lontano o destinato per sua natura a rimanere tale. Anzi il nostro inconscio
vuole esserci nella nostra vita, stimolarci e sostenerci nell'impegno di
crescita, consegnandoci (attraverso i sogni principalmente, ma anche plasmando
tutto il corso interiore dei nostri vissuti, del nostro sentire) nuova linfa e
pensiero, vuole che sia condiviso dalla nostra parte conscia, cui chiede
coinvolgimento, impegno e serietà, messa in discussione e rinuncia alla pretesa
di capire tutto in un attimo o, peggio, di sapere già. L'inconscio non è uno
strano accessorio o una presenza aliena, non è un'entità oscura, destinata a
sfuggirci, di cui solo gli esperti possono dire, con quale cognizione di causa
è tutto da vedere. L’inconscio siamo noi in una parte del nostro essere, la più
autentica e vitale, la meno passiva e rinunciataria, la meno addomesticabile,
la più dotata di intelligenza acutissima nel riconoscere quanto c’è nel proprio
presente e la più lungimirante, che ahimè spesso è ignorata letteralmente, come
non esistesse, oppure che è fatta oggetto di attribuzioni che ne fraintendono e
ne sminuiscono il potenziale e la
natura, ripetendo sul suo conto definizioni prese qua e là, applicandole
stereotipi, come quello di considerarla un serbatoio di esperienze negative
rimosse, che oscuramente alimenterebbero paure e disagi, vivendola e
trattandola come parte oscura e assai poco accessibile da tenere a bada, verso
cui stare in guardia perché non turbi il proprio equilibrio e benestare, in
definitiva finendo molto spesso per non riconoscerne il vero volto, il
significato e il potenziale trasformativo che può portare nella propria vita.
L’inconscio è ben altro che una parte oscura, poco affidabile e assai poco
accessibile e intelligibile, che abita il nostro essere, è la parte di noi
stessi che svolge un lavoro estremamente attento, che raccoglie e documenta
ogni passo del nostro procedere, che evidenzia continuamente nelle nostre
emozioni e stati d'animo il vivo e la complessità di cui è fatta la nostra
esperienza, il vero e l'intero, senza omissioni o aggiustamenti di significato
o riduzioni di comodo, come, pensando col ragionamento, tendiamo spesso a fare.
L’inconscio è la parte più accorta e affidabile del nostro essere. Capita che
già giovani o giovanissimi si veda il proprio corso d'esistenza, che si
vorrebbe quietamente e piacevolmente sereno, turbato da malesseri o da crisi
interiori, non per caso, non per cedimenti o per insufficienze banali, non per
difetti di buon funzionamento, non per condizionamenti, insufficienze e
responsabilità esterne, cui si tende sempre a ricondurre l’origine e la causa
di malesseri e disagi, ma per ragioni più profonde, di mancanza di basi salde
di unità con se stessi, di conoscenza di se stessi, senza le quali,
particolarmente per chi è giovane (dico particolarmente, perché la questione
non riguarda solo chi è giovane) e nella necessità di comprendere e decidere
come indirizzare la propria vita, è mancante e compromessa la capacità di
trarre da sé le risposte, di farsi attenti e fedeli interpreti di se stessi e
di guidarsi autonomamente, di sventare il rischio di farsi sostituire, di
affidare l’orientamento della propria vita e del proprio futuro a guida esterna
piuttosto che interna. Già pare infatti modellato, spiegato e detto ciò che va
inteso per realizzazione personale, per crescita, per ricerca del bene della
propria vita. Le tappe, le occasioni, i modi di intendere la maturità sembrano
già definiti e scolpiti nell'esempio comune, nel pensiero vigente, prima di
ogni possibilità e impegno di scoperta e di ricerca personali. Il rischio di
saltare la propria ricerca e di imboccare strade già segnate, tradendo,
deludendo le proprie ragioni e aspirazioni profonde, nemmeno indagate,
coltivate e conosciute, è fortissimo. L’inconscio non per caso intralcia il
cammino, fa sentire con ansia, attacchi di panico o quant’altro cosa vacilla e
manca, forza l'individuo col malessere ad andare più verso se stesso che verso
l‘esterno e verso altri, gli fa toccare con mano la sua non familiarità e lo
smarrimento nel contatto con il proprio mondo interiore, gli fa sentire
l'urgenza di porvi rimedio, di non procedere incurante di questo stato di
incomprensione con se stesso. Non è distruttiva la pressione che l’inconscio
esercita sull'individuo, è provvidenziale e saggia, gli vuole togliere
illusioni, vuole spingerlo a delle verifiche attente e approfondite da farsi
con i propri occhi, con trasparenza e coraggio di verità finalmente. L'inconscio
vuole aprire all'individuo una stagione di profonda trasformazione per
sostituire il posticcio di una identità e di un senso della propria vita prese
in prestito, fragili, non verificate e comprese davvero (fondate più
sull’imitazione e sulla ricerca dell’intesa con l’esterno e con gli altri che
sul confronto con se stesso) con la presa di coscienza, con la formazione di
proprie idee fondate e verificate, con la formazione di propria visione, in
stretta unità e accordo col proprio intimo e profondo. Il rischio per
l'individuo di sprecare la propria vita diventando copia d’altro e dipendente
da altro, che, nel pensato e nell'esempio comune, nel già organizzato e
strutturato, nel cosiddetto "reale", è pronto a suggerire, a
convalidare, a sostenere, a dare le dritte, non è sottovalutato dalla parte
profonda di se stesso. Non è un caso se l’inconscio fa il guastafeste, se fa ad
esempio sentire senso di fragilità, di sfiducia, senso di vuoto e di inutilità.
Simili vissuti sono facilmente giudicati patologici, sbagliati, espressione di
qualcosa che non funziona come dovrebbe. E’ frequentissima in chi ne vive
l’esperienza, l’istanza prima di tutto di liberarsi di questi malesseri, visti
come intralci malauguratamente dolorosi e limitanti, per restituirsi, come si
ritiene sia normale, il proprio benessere come libertà di vivere e di procedere
senza gravami interiori. E’ abituale cercare aiuti per mettere a tacere con
farmaci o con psicoterapie che dettino strategie e tecniche varie per
controllare il sentire così penoso e
arduo o per indagare e trovare sul suo conto qualche presunto motivo d’origine, particolarmente cercando
nel passato e riconducendo a altro e a altri le responsabità, che, per
inadempienze o condizionamenti negativi da parte di genitori o dell’ambiente o per un trauma
subito, avrebbero intaccato il proprio
equilibrio e compromesso il sano processo di crescita. Risposte al malessere e
alla crisi vissuta interiormente che non comprendono la natura del problema e
il senso di ciò che sta accadendo dentro se stessi, tutt’altro che segno di un
guasto o di una anomalia di cui si si sarebbe sfortunate vittime e da cui
urgerebbe liberarsi, lasciando tutto di sé, del proprio modo di procedere,
della conoscenza di se stessi, dello stato di lontananza e di non rapporto con
la parte intima e profonda di sé, fondamentalmente intatto e irrisolto. Ciò,
che certamente impegnativo e difficile sta accadendo dentro se stessi vede la
presenza e l’iniziativa forte della propria parte profonda. L’inconscio smuove
le acque, turba il quieto vivere per dare indicazioni impegnative quanto
fondate e vere, sollecitando attraverso il sentire, spesso proponendo sogni che
hanno forte capacità di dare guide di ricerca e chiarimenti, la presa di
coscienza che ad esempio non ci può essere fiducia in se stessi, che non può
esserci base salda nel proprio procedere e affidabile per sé, se di proprio non
si è ancora compreso e messo assieme nulla. L'inconscio può diventare la guida
più affidabile e sicura, se si impara a riconoscerlo e a rispettarlo in ciò che
è, se se ne comprende e condivide lo spirito e l'intento, se, dando risposta
appropriata al malessere interiore, si decide, procurandosi l'aiuto valido e
necessario, di cominciare, imparando prima di tutto a ascoltare e a conoscere
il linguaggio della propria interiorità, un serio lavoro su se stessi, di aprire una
stagione di crescita e di cambiamento, in stretta unità e con l’aiuto e la
guida fondamentali del proprio profondo. L'inconscio non difende il quieto
vivere, perchè non ha a cuore il persistere in ciò dentro cui si è solo pallida
immagine e inautentica di se stessi e in cui c’è un rischio, anzi ben di più di
un rischio, di realizzazione impropria della propria vita. L'inconscio è
impegnativo, perchè non appoggia passività e rinuncia, illusioni e comodo, ma è
un potente alleato nell'impegno di far vivere se stessi, di concepire e di mettere
al mondo con le proprie forze e risorse qualcosa che abbia un contenuto
originale e un senso.
sabato 19 luglio 2025
La guida interiore
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