martedì 13 maggio 2025

L'inconscio sostiene verità difficili

Privi del legame, come spesso accade, con la parte intima e profonda di se stessi, non si ha alternativa, solo le guide esterne diventano attive e solo a queste si affida la costruzione del proprio pensiero, la definizione dei traguardi da perseguire, delle fortune da cercare e da tutelare. Il vincolo di dipendenza da queste guide diventa talmente stretto e disarmante, da considerare proprio e naturale pensarla e volerla nel modo preso e appreso da questo legame, come se ciò che nel tempo ne è scaturito fosse creatura propria, frutto di persuasione e di passione propria. Senza radici, senza legame e capacità di scambio col proprio profondo, che non asseconda, che non cede di certo alla seduzione della dipendenza, del farsi istruire e dire, del considerare ovvio e naturale tutto questo, dell'accreditare come proprio ciò che ne deriva e che proprio non è, non si riconosce altra vita che quella tenuta in piedi dal vincolo, dall'attaccamento dipendente. Non c'è altra possibilità che continuare a dare credito e a alimentare ciò da cui si trae presunta vita propria, non c'è altra possibilità di tenersi in equilibrio che la simbiosi con altro, che dare cioè credo e dedizione di sè a ciò che in cambio offre e sostiene quella parvenza di esistenza propria. La parte profonda ha ben altro intento che tenere in piedi un simile stato dell'essere, che non onora di certo la fedeltà a se stessi, che non riconosce la possibilità di coltivare, di sviluppare e far vivere qualcosa di originalmente proprio, perciò interviene alimentando il malessere interiore e la crisi. Da parte del profondo c’è la difesa dell'autentico, l'aspirazione a portare a maturazione il proprio originale, il progetto di vita come da sè può essere concepito e generato. Il profondo di se stessi, portatore delle proprie originali potenzialità, promuove lo sviluppo autentico e indipendente, come la radice di un albero che non può che volere di dare compimento e sviluppo a se stesso, non all'artefatto che nasce dalla dipendenza e dall’innesto su un'altra matrice. Perciò l'inconscio spinge prima di tutto per la verifica della costruzione di vita a cui ci si è legati, per la presa di visione dei vincoli sottesi e delle basi su cui si è formata, sui cui presupposti si sta conducendo la propria esistenza. L'inconscio, avvalendosi del sentire e di tutto quanto il corso interiore, che plasma e dirige, inserendo nella propria esperienza interiore segnali anche forti di malessere, sempre però ben direzionati a evidenziare punti decisivi, spinge per mettere sotto sguardo riflessivo il proprio modo di procedere, per sottoporlo a una verifica attenta, senza altro perseguire che fare emergere il vero. Sono verità su se stessi che non danno conferme, che anzi, mettendone a nudo la mancanza di fondamento vero, scardinano le persuasioni cui si è legati. Sono verità da cui si è abitualmente ben lontani, che risultano comunque difficili da accettare, da condividere col proprio intimo e profondo. Non c'è intento ostile e distruttivo da parte del profondo, che se dà contro lo fa unicamente verso gli equivoci e le false persuasioni, contro i vuoti di consapevolezza. C'è però un grosso ostacolo alla possibilità di un confronto aperto e sincero con l'iniziativa e la proposta del proprio profondo. Pesa il costo della distanza, della lontananza, che si è rafforzata nel tempo, da una parte di sè, intima e profonda, che è stata relegata a un ruolo marginale e con cui in genere non si è creata familiarità di incontro e di dialogo, una parte vitale di se stessi da cui ci si è estraniati, riducendola a meccanismo un pò oscuro, cui non si è riconosciuto di essere parte vicina dialogante e propositiva, la più vicina, appartenente al proprio essere, voce del proprio essere, di cui non ci si è messi in grado dunque di riconoscere e di apprezzare l'affidabilità e la capacità di dare stimoli e guide valide e non trascurabili. Per mancanza di familiarità col proprio intimo e profondo, spesso per ignoranza del suo esistere se non come rumore di fondo di sensazioni cui ci si è abituati a non dare gran peso, la banalizzazione dei suoi più significativi interventi come attraverso i sogni, considerati fantasiose e assurde produzioni, brandelli di impressioni indotte e stimolate  dall'esterno, per effetto di tutto questo accade che non si faccia tesoro del contributo che il proprio inconscio vuole e è capace di dare, che si mantenga forte il vincolo con una forma d'esistenza che fa leva e conto su altre guide da quella interiore e propria. Nel condursi e nel pensarsi si continua a fare leva sulla parte razionale, che non alimentata e guidata dalla parte intima e profonda, non può che esercitare il proprio pensiero avvalendosi e rielaborando altro preso da fuori, modelli, attribuzioni di significato, modalità di giudizio comuni e condivise, che, se danno supporto e convalida a ciò che si pensa, nello stesso tempo ne tengono ben fissi i confini e l'orizzonte. L'inconscio è la parte più matura del proprio essere, la meno disposta a farsi istruire e dire, la meno intrappolata nelle illusioni e nella falsa coscienza, che fanno da collante per il mantenimento di una condizione tutt'altro che felicemente corrispondente al proprio potenziale vero di scoperta e di conoscenza, alle proprie esigenze di crescita personale autentica. Privi, ben al di là della presunzione di possederne, di capacità di visione, di critica, di capacità riflessiva di vedere, come guardando dentro uno specchio la propria realtà e condizione, cosa c'è di vero e cosa implica il proprio modo di procedere abituale, di riconoscere quel legame di adesione e di passiva dipendenza da altro comune e già concepito, su cui poggia il proprio pensare e agire, si finisce per dare credito e per difendere con ostinazione come realizzazione valida ciò che non corrisponde a realizzazione vera di se stessi. Pur dentro le guide di un pensiero che non ha fondamento nella propria autonoma scoperta di significati e di verità, che non è frutto di un attento lavoro sulla propria esperienza, ci si abitua a considerarlo capace di definire ciò che è reale, di dare valido e affidabile fondamento a ciò che viene perseguito, che pare realizzare validamente la propria vita. Si crea persuasione di avere pensiero e capacità di decisione autonoma, rimanendo all'oscuro, senza vedere, senza prendere attenta visione del mancato fondamento, del tributo di dipendenza da guide esterne di esempi e modelli ricorrenti e prevalenti, di pensato comune, di questa pseudo libertà di iniziativa, dipendenza che finisce per indirizzare la propria vita su percorsi già segnati.  Solo l'inconscio non cade in questi equivoci e solo l'inconscio ha la forza e la tenacia di scuotere le certezze mal fondate e mai seriamente e attentamente verificate, mettendo in campo inquietudini, disagi, malesseri, tutto ciò che interiormente vuole mettere in crisi le disinvolte persuasioni dentro cui naufraga l'unico bene che conta, il risveglio e l'esercizio della propria consapevolezza. Spiantati, privi delle proprie intime radici, si diventa, seppure illegittimi, figli docili e ossequiosi di altro, che si è assunto a guida e maestro, soprattutto si diventa tenaci sostenitori della propria resa, della resa della propria libertà e autonomia, dei beni più preziosi, barattati col dare buona prova per incassare qualche plauso e consenso. L'inconscio concepisce per se stessi un ben diverso destino e progetto. L'inconscio cerca, prima di tutto spingendo attraverso crisi e inquietudini e malessere interiore a aprire gli occhi sul vero, di promuovere la costruzione delle basi di una vera autonomia, di una libertà di realizzazione personale della propria vita secondo se stessi. Perciò è la parte più matura del proprio essere, che meriterebbe di essere riconosciuta e portata al centro della propria vita. Infine una considerazione è necessaria, oltre che utile. Chi si confronta con una situazione interiore difficile e sofferta potrebbe considerare lontana dai suoi immediati interessi la riflessione che ho aperto in questo scritto. La ricerca di soluzioni e rimedi, il desiderio di capire e di approfondire la conoscenza di se stessi circoscritti e resi strumentali alla ricerca di qualche spiegazione di causa per il proprio malessere, per sbloccare ciò che pare malamente intralciato, potrebbe far sembrare lontana dalle proprie necessità la riflessione che ho proposto. La crisi e il disagio interiore non sono però frutto di qualche anomalia da correggere, persuasione che appartiene a chi è pronto a rilanciare nella sostanza, senza necessità di verifica, il proprio modo abituale di essere e di procedere. Dentro la crisi c’è l’intervento deciso e decisivo della propria parte profonda, che, quando rispettata nel suo dire, come succede nel corso di un’analisi che le dia voce e che le riservi attento ascolto, pone con lucida intelligenza le questioni di cui ho parlato, promuovendo come scopo un processo di profondo cambiamento personale, nel verso di generare e far vivere il proprio. Non intendere questo comporta il rischio di sancire, con un’idea di crisi come guasto o patologia, della cura come ricerca di soluzioni di aggiustamenti e per un riallineamento della propria vita su basi solite, il disaccordo con la parte intima e profonda di se stessi, col rischio più sostanziale di non offrire a se stessi la possibiltà di un cambiamento profondo, che consiste nel rimettere la propria vita sulle proprie radici.

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