mercoledì 16 aprile 2025

La fame di aggiustamenti e di soluzioni

Nel rapporto con l'intimo di sensazioni e di stati d'animo che, quando difficili e non piacevoli, comunque, gioco forza, obbligano a occuparsi e a prendersi cura di se stessi, primeggia la fame di soluzioni che consentano, almeno nelle intenzioni, di metterli a tacere, di superarli e di procedere senza gravami interni, senza intralci. La ricerca di evasione, di tecniche e di modi per provare a prendere distanza, a sminire l'incidenza di sensazioni, di stati d'animo, che risultano spiacevoli, il ricorso a psicofarmaci che spengano l'ansia o che spingano l'umore in direzione opposta a quella che che va in caduta opprimente di fiducia e di interesse, di volontà e capacità di iniziativa ora inceppata o bloccata, la psicoterapia come aiuto per ottenere una capacità di gestione e di controllo sull'intimo così arduo, che produca un aggiustamento comportamentale o che porti a scoprire la presunta causa del presunto guasto e storto sentire, confidando nella risoluzione del malessere, sono le risposte più comuni messe in campo, che tutte convergono nell'idea che ci sia nel malessere interiore un che di anomalo e penalizzante da cui trarsi in salvo, di cui liberarsi. L'insieme del modo di procedere a cui abitualmente ci si affida, del modo di concepire ciò che va perseguito e proseguito non lo si riconosce in discussione, non si accetta che lo sia, è sul malessere che si vuole agire come componente negativa,  come fonte di difficoltà e motivo di intralcio. La ricerca, la fame di soluzioni punta a senso unico a mettere sotto accusa e a togliere di mezzo ciò che interiormente guasta il quieto vivere e compromette il procedere abituale, con l'auspicio di renderlo libero di scorrere, senza restrizioni, senza impedimenti, senza pesi molesti, rendendo in questo modo ancora più salda la persuasione e tenace l'attaccamento al consueto, che rimane fuori verifica, fuori discussione. Che il malessere interiore voglia proprio porre come necessità, come priorità da assumere, tutt'altro che ostile e deleteria, quella di rivisitare il proprio modo di procedere, di condursi, di stare in rapporto con se stessi, spesso di non curarsi del rapporto con l'intimo di se stessi, perchè non è detto che sia a sè favorevole, che sia vantaggiosa la mancanza di consapevolezza, di comprensione di ciò che è quel procedere e delle basi su cui si fonda, di cosa produce realmente, se veramente a favore di se stessi, della propria crescita e capacità di realizzazione personale, tutto questo non è riconosciuto. La tesi, che trova ampio sostegno all'esterno nella mentalità comune oltre che in larga parte dell'apparato delle cure, che il malessere interiore sia una pericolosa e nociva spina nel fianco, espressione di un guasto e di una patologia da curare e risolvere, regna indisturbata, porta a insistere e a persistere come cosa giusta e a sè favorevole nella ricerca di aggiustamenti e di soluzioni, col ricorso a terapie varie vuoi del silenziamento, vuoi del possibile smantellamento dell'ostacolo, del suo superamento, che per non pochi è ricerca di rimedi senza fine. La parte del proprio essere, la parte intima e profonda, che solleva col malessere il forte richiamo alla presa di visione del proprio modo di procedere, che rende cocente e improrogabile la necessità  in proprio favore di un cambio di rotta nel verso  di un avvicinamento alla propria interiorità, per condividere col proprio profondo un lavoro di ricerca e un percorso di presa di visione del vero della propria condizione e di conoscenza di se stessi e delle proprie vere potenzialità, ben oltre i confini di ciò che si è abiutati a attribursi e a concepire, non cede, non recede. Ovviamente il fraintendimento è arma micidiale, micidiale rispetto all'istanza di aprire gli occhi e di comprendere il vero, sempre pronta a intervenire portando, in presenza di un malessere che non recede, che non sparisce, che a tratti ancora preme con forza, argomenti del tipo che la malattia è dura a morire, che si verificano ricadute, tesi che pur considerate scontate e rese ancora più salde da teorie accreditate come scienza, oltre che dalla pratica e dal sapere di non pochi curanti, in realtà stravolgono e mistificano il senso vero delle cose, di ciò che accade nella propria esperienza interiore, nel rapporto con una parte di se stessi, intima e profonda, che non tace, che incalza, che disturba il quieto procedere solito e non certo per fare danno, non certo stupidamente o insensatamente. La fame di soluzioni e di aggiustamenti non procura nutrimento alla propria crescita personale, allo sviluppo della capacità di conoscersi, di capire e di fare proprio il significato vero e il valore di quanto vive dentro se stessi, dà soltanto alimento alla chiusura alla propria interiorità e al consolidamento dei propri preconcetti.

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