Il malessere interiore è il terreno del conflitto tra la parte di sè profonda, che vuole spingere a aprire lo sguardo su ciò che si sta facendo di se stessi, sul proprio modo di procedere, per comprenderne il vero senza risparmio e senza omissioni o aggiustamenti di comodo e l'altra parte di sè, quella cosiddetta conscia, che sinora ha dettato la direzione da seguire, che ribadisce il già noto, che serra le fila e che si dispera alla sola idea di uscire dal seminato solito. Questa parte cui ci si affida abitualmente e dentro cui ci si rinserra, risponde al malessere interiore solo rivendicando, come salutare e vantaggioso, il ritorno alla condizione precedente la crisi, ribadendo, come fosse una certezza, che non c'è altra vita che si possa concepire come valida e desiderabile che non sia nei confini e nella logica del già conosciuto. E' profondamente distorcente la verità dei fatti giudicare, come il più delle volte si fa, come espressione di malattia e di disturbo ciò che accade all'interno del malessere interiore, deducendo dal fatto che è arduo, non piacevole e doloroso che sia segno di alterazione e motivo di danno. Questo atteggiamento e modo di sentenziare, non certo minoritario, è frutto della arbitrarietà e dell'ottusità di una concezione dell'uomo che vincola l'idea di salute psicologica alla cosiddetta normalità, all'essere conformi nei modi di sentire, di intendere e di procedere agli schemi e ai modelli abituali e prevalenti, consacrati come gli unici validi e a norma, normali appunto. Psicofarmaci, psicoterapie cognitivo comportamentali, solo per fare qualche esempio, sono risposte e dispositivi pronti a intervenire per tentare di "raddrizzare" lo stato interiore, operando per mettere in questione e per correggere le presunte disfunzioni, per far sì che tutto interiormente cessi di recare disturbo e si rimetta a funzionare nel verso di ciò che è considerato normale e efficiente. Grati a simili interventi volti a rimettersi in pista nel modo solito, ci si compiace di aver in qualche misura zittito o reso più sordo il proprio intimo sentire, di aver in qualche modo piegato la propria interiorità a disciplinarsi, almeno così ci si illude che sia e che perduri, perchè in realtà nulla riesce a piegare e a zittire il profondo, che non cessa e non cesserà mai di interferire, di far valere interiormente la sua iniziativa, di far sentire la sua voce, seppure fraintesa e inascoltata, seppure trattata e bistrattata come guasto, disfunzione e patologia. A fin di (presunto) bene ci si può fare molto male. La presa di posizione volta a tenere a bada quanto la propria interiorità sta proponendo, che è certamente arduo, anche molto arduo, nasce da un presupposto assai comune. E' impreparato al confronto con una vicenda interiore, oggi complessa e difficile, oltre che dolorosa, chi con la propria vita interiore, col proprio sentire, con i propri vissuti non ha familiarità di ascolto e di dialogo, condizione questa tutt'altro che infrequente, si potrebbe anzi dire che rientra nel quadro della cosiddetta normalità. E' la normalità di un modo di vivere e di procedere in cui il centro dell'interesse, il focus della vita e del pensiero è la relazione con altro, con gli altri e la relazione con se stessi, con la propria interiorità non ha spazio, non ha riconoscimento, è terreno incolto. Delle proprie esperienze e risposte interiori si pensa da un lato che siano sempre al seguito e al comando di stimoli esterni, mai le si recepisce come segnali e proposte che da dentro, dal proprio profondo sono rivolte a se stessi, dall'altro ci si aspetta che prendano una piega il più possibile in accordo con i risultati che si vogliono ottenere. Ci si è abituati nel tempo a spingere contro l'intimo di esitazioni e impacci, contro timidezze e altro che interiormente si proponeva dentro se stessi, che, in nome del saper stare in buona intesa con gli altri e del risultare a loro graditi e ben considerati, parevano solo ostacoli da superare. Ci si è abituati più a pretendere di correggere e a forzare che a rispettare e a voler comprendere il significato delle proprie esperienze interiori. Accade allora, quasi fatalmente, che in presenza di sviluppi e di svolgimenti interiori difficili e affatto coerenti con le aspettative rivolte a una parte interiore che si vorrebbe non fastidiosa e concorde con ciò che si vuole ottenere, che l'allarme e l'azione di contrasto scattino quasi automatiche. Tutta l'azione di auto soccorso e di ricerca di aiuto per tenere a bada e per possibilmente debellare quanto vive dentro se stessi diventato parecchio difficile e imperioso, affatto domabile, che sia ansia o attacchi di panico, che sia caduta d'umore e infelicità che dilaga, che sia morsa ossessiva, tutto pare essere solo una patologia da cui guardarsi e di cui liberarsi. Tutta l'azione curativa di questo segno pare positiva e provvidenziale. Pare risposta buona e valida, ma tale ci si convince che sia, in conseguenza di una abituale e consolidata non familiarità e non conoscenza di cosa è e di come si esprime la propria parte intima e profonda. Diversamente, qualora si avesse capacità di incontro e di dialogo con il proprio intimo e profondo, le cose prenderebbero tutt'altro volto e l'azione di ricerca del presunto bene, nel verso di combattere e correggere l'intima esperienza, comincerebbe a andare in discussione. Contrastare e trattare come nemica parte di sè che ha tutt'altra intenzione e scopo che di far danno, imbavagliare la voce interiore pensando che sia eccesso e debolezza, irrazionalità da cui proteggersi, ci si renderebbe conto non essere certo il meglio da riservare a se stessi. Provare a liberarsi di ciò che la propria interiorità comunica, anche se difficile e sofferto, con costruzioni di ragionamento e teoremi che riportano il malessere attuale a cause presunte individuate in traumi e cattive influenze patite in qualche precedente della propria biografia, senza capire che ciò che oggi si muove interiormente insorge per porre al centro dell'attenzione la propria condizione attuale e il modo di condurre la propria vita, senza comprendere che è guida affidabile, tutt'altro che guasto e svolgimento anomalo e malato, per entrare nella scoperta del vero e nella occasione di rigenerare su basi proprie il proprio pensiero e la propria vita, ritrovando piena unità con se se stessi, questa, pur sotto le apparenze di una buona cura, si scoprirebbe non essere la migliore offerta e soluzione che ci si possa destinare. La cura spesso segna e consolida la disunione dentro il proprio essere, il ripudio come fosse uno sgorbio del proprio intimo, il rigetto come fosse malata e deleteria di una parte di sè e di una proposta interiore estremamente valida e salutare, capace, se accolta, se intelligentemente compresa in ciò che dice e rivela, se saggiamente coltivata, di riportare la propria vita davvero nelle proprie mani. Troppi fraintendimenti e luoghi comuni offuscano lo sguardo e sono pronti a procurare a se stessi, in nome del proprio presunto bene, danni non da poco.
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