giovedì 4 aprile 2019
Le paure e le cantonate
Le paure che si pongono in mezzo al proprio cammino sembrano una limitazione, uno spiacevole intralcio. Talora sono prepotenti, non concedono nulla. Se l'auspicio è quello di liberarsene e l'obiettivo è considerato di beneficio ovvio, i mezzi per provarci non mancano. C'è chi predica che le paure vanno superate, che non bisogna indietreggiare, che non bisogna evitarle, perchè altrimenti ingigantiscono, diventano una barriera ancora più forte. Ci sono proposte d'aiuto psicologico che vogliono aiutare a smontare e a abbattere le paure, con l'obiettivo di dare spazio a quello che è giudicato un più sano e libero movimento. Tutto pare buono e convincente, ma il rischio di prendere cantonate è assai elevato. Se le paure, anzichè stupide fossero intelligenti, se intervenissero accortamente per segnalare un problema, per favorire sviluppi assolutamente nuovi e importanti, che non coincidono col non aver paura e con la ripresa fluida del movimento solito, ma con ben altro, ecco che l'intervento riparatore rischierebbe di rivelarsi tutt'altro che benefico e corrispondente ai propri interessi. Se la paura poniamo di stare in luoghi aperti o affollati volesse portare a invertire la rotta rispetto al cercare tutto fuori, al porre in primo piano sempre il rapporto e lo scambio con gli altri, se la necessità da riconoscere e da assecondare fosse quella di ritrarsi per entrare in una diversa dimensione, quella raccolta e appartata dell'incontro con se stessi, dell'ascolto della propria interiorità, dove tanto o tutto di sè possa essere finalmente compreso e scoperto, coltivato e fatto nascere, per non condurre avanti una vita guidata e indirizzata da altro, senza contenuto e progetto propri, se, in risposta a questo, lo scopo che ci si dà fosse, come spesso accade, di superare e vincere la paura, il rischio di prendere una cantonata e di procurarsi più danno che utile sarebbe sonoro e forte. Bisogna stare attenti a come ci si rapporta a ciò che vive dentro se stessi. Le paure sono una espressione della propria vita interiore, i cui svolgimenti non sono la risultante meccanica dell'agire di fattori e stimoli esterni e di schemi appresi e abitudini e punto, ma sono orientati e alimentati da una parte profonda, che sa quel che vuole, che, compensando la miopia della parte conscia, sa premere con l'arma del sentire per indirizzare le cose in una direzione non certo sciagurata. Purtroppo l'ignoranza, non poco diffusa, del significato della vita interiore, del suo linguaggio, delle sue espressioni, della presenza rilevante del profondo, fa sì che si possano prendere decisioni che paiono di valore e di bontà scontate, ma che rischiano di essere vere cantonate, con conseguenze affatto piacevoli. Spazzare via una paura, perlomeno dirigere gli sforzi in quella direzione, può comportare venir meno al richiamo profondo, che crea barriere per aprire nuove possibilità, privandosi della occasione di intenderle e di coglierle, di arricchirsi di ciò che potrebbe nascere da lì. Apparentemente, abbattendo la paura come ostacolo o come limite, si crede di darsi più libertà e ampiezza di respiro, in realtà si rischia di menomarsi, vincolandosi ancora più strettamente all'unica idea e prospettiva di vita e di modo di procedere conosciuto, non necessariamente corrispondente al proprio potenziale umano.
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